#RomaFF12 – Incontro con Chuck Palahniuk

L’autore di Fight Club è molto di più della firma del celebre romanzo diventato film. Le sue storie raccontano la violenza come un modo di avvicinarsi allo spettatore e persino generare empatia

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La prima regola del Fight club, è che non si parla del Fight club”. Siamo al’incontro stampa con lo scrittore statunitense Chuck Palahniuk, autore del celebre romanzo, ma il primo emendamento del libro – e una delle frasi più conosciute del film omonimo di David Fincher – è stato subito rotto. Infatti, non si parla d’altro. Mentre le domande sul film e su Fincher si succedono senza sosta ne pietà, Palahniuk – l’uomo che dopo Fight Club (1996) ha scritto più di 30 opere, tra romanzi, racconti e fumetti – rimane sempre lì, tranquillo, serio e con un’espressione incrollabile, come una vera nemesi di Tyler Durden. Oppure come il personaggio di Edward Norton, in attesa del suo momento di gloria e sfogo.

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Senza mai perdere la calma, e dopo un silenzio abbastanza lungo, lo scrittore distrugge in un colpo il primo mito: il fatto che Fight Club sia stato un successo. “All’inizio, il romanzo è stato un fallimento, non lo comprava nessuno. Poi, tre anni dopo, quando è uscito il film, è stato ancora un grandissimo fallimento. Infatti, dopo due settimane in sala negli Stati Uniti aveva già perso un sacco di soldi. Mi ricordo che sentì al telefono uno dei produttori, che mi disse piangendo: questo è un disastro, sto per perdere il lavoro! Le recensioni erano anche parecchio brutte. Tutto era un incubo. Ma poi è uscita una bella versione in DVD e piano piano il film – e anche il romanzo – sono diventati di culto”.

La curiosità del pubblico, però, non è ancora esaurita. Subito gli viene chiesto come mai la seconda parte di Fight Club è diventata un fumetto. 30 secondi di silenzio. Poi Palahniuk prende un po’ d’aria e risponde: “Riguardo a Fight club 2, se avessimo scritto un libro o fatto un film tutti lo avrebbero paragonato al primo e sicuramente sarebbe stato molto criticato. Dovevo cercare un altro formato, e il fumetto mi è sembrato quello giusto, perché oltre a essere diverso, puoi mettere delle cose più offensive e devastanti senza problema… insomma, ogni formato ha la sua forza”.

A quasi vent’anni della uscita del romanzo e del film, qualcuno gli chiede quanto crede che sia cambiata l’America e, addirittura, il mondo. “Wow”, risponde lo scrittore. “Quella è una domanda grandissima, non potrei nemmeno rispondere a una piccola parte ... allora, potrei dire soltanto che film come Fight Club e Matrix hanno cambiato il linguaggio e il modo di vedere il mondo. Prima di questi film vedevamo la realtà in modo diverso, eravamo più chiusi, ma adesso abbiamo un altro tipo di linguaggio narrativo, visivo e anche sociale”. 

Mito numero 2: Alcune persone svengono dopo aver letto dei racconti di Palahniuk. A quanto pare, questo mito è vero. Abbozzando il primo sorriso del pomeriggio, Palahniuk conferma il fatto: “Ero a un incontro a Milano e ho letto un pezzo del mio racconto Guts. Quella volta, tre persone sono svenute in sala. Uno di loro era veramente arrabbiato, urlava in italiano: hai letto questo per umiliarmi?! L’hai fatto apposta!? Poverino, mi sono sentito veramente male …poi ho letto un altro racconto sui calamari che faceva venire voglia di vomitare e di non mangiarli mai più, ed un uomo mi fa: io lavoro con i calamari, sono la mia vita... comunque, a me piace questa cosa, rendermi conto di quanto possa essere potente una storia. A dire il vero, ho perso il conto di quante persone sono svenute mentre leggo i miei pezzi … Dovrete però sentire le storie vere che mi raccontano alcuni, accanto a quelle i miei racconti non sono niente!”

chuckfightTornando al film, adesso si parla di Fincher: “Non so se qualcuno ‘lavora’ con Fincher, al massimo ‘si va d’accordo’ con Fincher”. Se non vai d’accordo, sicuramente farai qualcosa di peggio. Ad esempio, mi ricordo che Courtney Love voleva il ruolo di Marla Singer, era convinta di meritarlo, andava in giro vestita come lei. Ma Fincher si negava, per lui era troppo scontato. Quando ci ha proposto Helena Bonham Carter, nessuno era d’accordo ma lui ci ha detto: voglio che il personaggio di Marla assomigli a Judy Garland prima di morire. Ed è stato così! Helena è riuscita e come al solito, David aveva ragione”. 

Fino a questo punto, l’incontro si è svolto in modo abbastanza tranquillo. Ma l’argomento della violenza è stato sempre lì, latente, finché qualcuno fa la domanda giusta, che finalmente fa intravedere il Tyler Durden dentro Chuck Palahniuk: “La violenza deve essere consensuale. Per le persone della mie generazione, la violenza era qualcosa da evitare. Io volevo creare un contesto in cui ci si potesse rapportare alla violenza per capire quanto eravamo in grado di sopportare invece di infliggerla. Tutti i miei libri hanno elementi estremamente fisici, voglio interagire con i lettori oltre che sul piano intellettuale anche a livello fisico. Perciò, introduco gli elementi di sesso, droghe, e malattie. Se ti riesci ad identificare questi elementi, allora si può creare empatia con i lettori e portarli in questo viaggio.

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