#RomaFF13 – Bene ma non benissimo, di Francesco Mandelli

Così poco italiano, anche coinvolfgente, vicino a un teenager-movie statunitense. Ma non basta. Scombinato per salvarlo, con troppe cadute, ancora più evidenti nella parte drammatica

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Il titolo come quello del brano di Shade, forse vero burattinaio nascosto. Con la sua hit che diventa quasi una specie di altro videoclip che entra nel film in una festa di compleanno. E lui stesso che, da quando entra in campo nei panni di se stesso, diventa decisivo nelle traiettorie narrative.

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Candida (Francesca Giordano) si trasferisce da un paese della Sicilia a Torino. Il padre ha infatti perso il lavoro e lì ha la possibilità di lavorare in una pizzeria dove lavora lo zio della ragazza. La madre non c’è più da due anni ma è come se la sostenesse nei momenti più difficili. Gli inizi non sono facili. Ma lei ha una grande forza d’animo. Non appariscente, paffutella, riesce però a non prendersela quando i nuovi compagni la prendono in giro. e soprattutto quando un terzetto l’ha presa di mira. E lega soprattutto con Jacopo (Yan Shevchenko), un ragazzo ricchissimo ma molto introverso. Che però con lei riesce ad aprirsi.

Per il secondo film dietro la macchina da presa, dopo La solita commedia – Inferno (codiretto con Fabrizio Biggio e Martino Ferro), Francesco Mandelli si ispira a un’idea di Fabio Troiano (anche cosceneggiatore) per una favola sulla tolleranza che si affida soprattutto all’estro della protagonista. Parafrasando Virzì, quasi una sorta di Candida va in città. Che è scombinato ma che ha anche un impeto coinvolgente. Ma non basta. Eppure così poco italiana quando affronta il tema del bullismo. Con un andamento quasi da medio teenager-movie statunitense. Non didascalica ma a tratti sognante: il canestro all’ultimo secondo, l’apparizione di Shade col cane. Ma che inciampa nella componente più visionaria; appaiono infatti leggermente forzate le immagini della foto della mamma sulla tomba che parla alla figlia. Inoltre alcuni inevitabili cedimenti sono presenti nella parte più drammatica. la resa dei conti sulla ferrovia con le foto di alcuni ragazzi che si sono suicidati.

Lo spirito di Mandelli è quello giusto. Il risultato però è decisamente più limitato. Con troppe cadute. E dispiace per un film in cui a tratti ci si affeziona. Ma anche se non siamo per la verosimiglianza, in quella classe sembrano esserci diversi anni di differenza tra un alunno e l’altro. E pur sforzandosi, appare stonato anche in una fiaba.

 

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