#RomaFF13 – Dead in a week, di Tom Edmunds

Presentato alla Festa del Cinema di Roma, Dead in a week è una black commedy inglese con Tom Wilkinson, che racconta di Williams un ragazzo che assolda un killer per farsi uccidere

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Una lunga collezione di fallimenti spinge William (Aneurin Barnard) sulla strada del suicidio. Ma anche in quel campo raccoglie le stesse delusioni di sempre e, nonostante i numerosi tentativi, comincia a pensare di essere, sarcasticamente, di essere immortale. Mentre si trova su un ponte, paralizzato dalla paura, prima di fare l’ultimo passo che lo separa dal portare a termine il suo progetto, arriva alle sue spalle Leslie (Tom Wilkinson), un killer professionista, dal quale decide, vista l’incapacità di provvedere da solo, di farsi uccidere, previa stipula di un regolare contratto. Dead in a week: or your money back comincia così e con un tono da commedia mette a confronto le vite della vittima e quella del suo assassino nel periodo di tempo stabilito per rispettare il patto: una settimana. Naturalmente le premesse vengono disattese, ed i motivi che spingevano William a togliersi la vita, la frustrazione per una carriera da scrittore che non decolla, e l’assenza di un amore, dove potersi perlomeno consolare, vengono meno quando un editore decide di interessarsi a lui e contemporaneamente inizia a frequentarsi con una ragazza. C’è soltanto un problema: il contratto non è rescindibile, soprattutto perchè Leslie ultimato il lavoro potrà scongiurare la pensione cui non vuole proprio rassegnarsi.

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La commedia di Tom Edmunds attraverso uno black humor molto british utilizza due destini a confronto per costruire un parallelismo tra due rapporti di coppia generazionali, l’aspirante suicida, con la ragazza appena conosciuta, e il killer insieme alla sua adorata moglie, un rapporto appena nato, tanto fragile da essere appeso ad un filo, che rischia prematuramente di essere reciso, l’altro che nel tempo si è consolidato e vive, invece che dell’ardore degli inizi, di un fuoco perpetuo che si manifesta in nuove forme di euforia differita. Il punto di arrivo dopo un percorso tortuoso, con la pazienza di cercare nella banalità del quotidiano gli stimoli per guardarsi negli occhi con immutata passione. Ma il gioco surreale non si limita a questo, focalizzando l’obiettivo sui due protagonisti, riesce infatti anche ad incrociare la tematica occupazionale, l’implicita insoddisfazione di chi si affaccia sul mondo lavorativo, il terrore di restare inoperosi, la sfiducia nel considerare delle alternative, contesti diversi per punto di partenza, uniti dal rifiuto di cambiare, per paura, per abitudine.

L’ipotesi metaforica è abbastanza chiara, un vecchio assassino, che inizia a perdere colpi ed a commettere errori, deve uccidere un giovane aspirante scrittore, arrivato al suo limite massimo di esasperazione ed ormai deciso a gettare la spugna, il modo perfetto per descrivere la storia di un classico passaggio di testimone. Il dettaglio che ad assumerlo sia stato proprio il ragazzo suggerisce in aggiunta la presenza di un certo autolesionismo, in mancanza di amor proprio, il dato sia un accordo irrevocabile imita piuttosto la disperazione, figlia di un acerbo modo di affrontare l’esistenza. Dead in a week alterna momenti divertenti ad altri drammatici con un ritmo comico sempre costante, distribuisce bene gli spazi tra i personaggi e trova un finale che non brilla di originalità, perfetto però per chiudere il cerchio nell’esporre qualcosa di potenzialmente negativo che possa essere interpretato in maniera diametralmente opposta.

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