#RomaFF13 – Dilili à Paris, di Michel Ocelot

Il regista francese costruisce una favola nella Parigi animata della Belle Epoque, dove una bambina della Nuova Caledonia diventa eroina nella lotta per i diritti delle donne. Alice nella città

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Siamo nella Parigi animata della Belle Epoque. Dietro il glamour, le luci lampeggianti e i colori della magia parigina, in pieno fulgore artistico, pittorico e letterario, si nasconde un buio mistero: la rapina sistematica di piccole ragazze per mano di un’organizzazione criminale, detta “I Maestri del Male”, che cercano di fermare, attraverso le nuove generazioni, l’eminente emancipazione delle donne.

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Come se fosse un’astrazione colorata di M Il mostro di Düsseldorf, il film d’animazione Dilili à Paris  Alice nella città, RomaFF13 – annuncia il pericolo prima attraverso i giornali e le voci dei bambini che giocano spensierati, poi con la silhouette di un uomo che si nasconde dietro un chiosco mentre la sua ombra si espande sul pavimento. Questa volta la protagonista – la piccola Dilili, venuta dalla Nuova Caledonia e vista all’inizio come una curiosità, un personaggio in esibizione – oltre che una vittima diventerà l’eroina: sarà lei a sconvolgere il corso degli eventi e sfidare al cattivo, sempre con l’aiuto del suo fedele scudiero, il giovane e buon Orel. In una sorta di percorso in stile Midnight in Paris, Dilili troverà anche una galleria di personaggi che l’aiuteranno nella sua lotta: da Picasso, Monet e Renoir, Marie Curie e Louis Pasteur, a Rodin, Toulouse Lautrec e Marcel Proust, Sara Bernhardt e Gustave Eiffel. Tutti sorridenti, calmi, nel momento di massima ispirazione, al servizio della piccola Dilili.

Il regista e animatore francese Michel Kirikù Ocelot, attraverso i personaggi di Dilili e Orel, torna al bianco e nero come due mondi che si confrontano, si riconoscono diversi e si affascinano per questa differenza attraverso il contrasto del colore – come fece con Azur e Asmar; non come la rappresentazione arcaica del bene e il male, ma come due forze brillanti che convivono in armonia. “In Nuova Caledonia mi sentivo troppo chiara, qua mi sento troppo scura, le persone mi guardano come se fossi strana“, dice all’inizio la nostra Dilili al suo nuovo amico. “Io non ti ho mai guardato così“, risponde Orel. “Lo so, a quello serve avere un colore diverso: vedi il modo di reagire degli altri e capisci subito quale sono le persone che valgono“. Poi, Ocelot porta avanti anche un’altra dichiarazione di principio, quasi “anti” Theodor Adorno e pro Dostoevskij – la bellezza salverà il mondo, parole del “Principe” nel romanzo L’Idiota installando l’arte, la bellezza e il progresso d’inizio del ventesimo secolo come strumenti di lotta, potenza e incontro, mobilità e salvezza. 

Il racconto si costruisce anche nel contrasto di due dimensioni visive: la rappresentazione pittorica e animata della Belle Epoque parigina, dove i personaggi si muovono in modo artigianale e volutamente artificioso, come se fossero pezzi di carta che all’improvviso diventano vivi e ripiegano la propria anima, sovrapposti alle immagini vere di una Parigi statica, sospesa, anacronistica, che sembra quasi grigia, che acquisisce un nuovo spirito attraverso l’immaginario di Ocelot. Realtà e fantasia, vita e sogno, favola e brutalità. Il racconto fiabesco della lotta per i diritti delle donne, causa attuale e urgentema senza tempo né spazio perché appartiene alla Storia universale dell’umanità.

Alla fine, il fulcro del cinema di Ocelot – sempre allegro, coinvolgente, melodico e profondamente umano – si trova nella mobilità della scoperta di un mondo migliore, quella che spinge Kirkiku, Azur, Asmar e anche a Dilili. Non soltanto la ricerca di una dimensione sconosciuta ma anche di un altro sguardo a quei mondi che conosciamo già fin troppo bene, incluso lo stesso Cinema. Può essere Africa, il Medio Oriente, Parigi, qualsiasi posto al mondo. Basta solo una storia da dipingere, una favola da raccontare, una causa per cui lottare. 

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