#RomaFF13 – Green Book. Incontro con Viggo Mortensen

L’interprete racconta la lavorazione del film diretto da Peter Farrelly e interpretato insieme a Mahershala Ali, sull’amicizia tra il pianista Don Shirley e l’italoamericano Tony Lip Villalonga

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Oggi, il nuovo film di Peter Farrelly intitolato Green Book viene presentato alla Festa del cinema di Roma. Dopo aver fatto il giro per i festival di mezzo mondo e aver riscosso ovunque molto successo, in particolar modo a Toronto e Boston, il film arriva a Roma e viene accompagnato dall’attore protagonista Viggo Mortensen.

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Visibilmente molto felice di essere a Roma in rappresentanza dell’opera, Viggo restituisce subito le cuffiette allo staff della Festa, dimostrando a tutti la sua ottima comprensione dell’italiano, così come la sua fluente parlata: “Ho trovato incredibile come Peter Farrelly e Nick Vallelonga siano riusciti a ricreare una storia vera basata su un’amicizia vera, su eventi veri, capace di commuovermi e allo stesso tempo farmi ridere. Io, non essendo italiano e dovendo rappresentare un personaggio italoamericano, ero cosciente dei miei limiti. È sempre una responsabilità quando devi interpretare un personaggio, che esso sia reale o no, la tua responsabilità è non farne una caricatura ed assumere il punto di vista di questa persona o personaggio nel miglior modo possibile. Io ho avuto un grande aiuto dalla famiglia Vallelonga, con cui ho passato tanto tempo. Nick è stato sempre presente sul set e quando lo vedevo piangere un po’ pensavo: ok, va bene”.

E continua: “È un film davvero speciale, non ti dice cosa devi pensare o ascoltare, questo film è un invito a fare un viaggio, a ridere a piangere e a riflettere sui limiti che hanno le prime impressioni. Non è una lezione forzata, è una bella storia condivisa del passato che può aiutarci a capire il presente. Queste storie sono molto importanti in questo momento”.

Questa affermazione ha spostato subito il discorso su uno più ampio, capace di abbracciare l’attualità, la politica e l’andamento dell’umanità: “Le storie così sono sempre importanti. Dall’inizio alla fine dell’umanità la necessità o l’utilità di storie che ci aiutano a diventare un po’ meno ignoranti è sempre stata tantissima. Io penso che il progresso umano non è un cammino diritto in avanti ma sale e scende, va a destra, a sinistra, da ogni parte. Speriamo che sia un cammino di progresso, ma non sempre è così purtroppo. Oggi, non solo negli USA ma anche in Italia e nel resto dell’Europa, i leader di tutto il Mondo, le cose che non dicono e le cose che dovrebbero fare e che non fanno, la misoginia, i problemi con la migrazione, il razzismo, la discriminazione riguardo i diversi modi di adorare dio, tutte queste cose costituiscono un passo indietro per l’umanità. Quello che mette paura è che le persone che dovrebbero saperne più degli altri sono le più ignoranti, o peggio fingono di esserlo per continuare a mantenere una posizione di potere. Alla fine, a mio parere, la vera umanità è fatta da piccoli gesti, da tante piccole cosìe Questa è una buona storia perchè ti invita a pensare. Ma i piccoli gesti sono ancora più importanti dei film come Green Book, perché il momento non tornerà, il momento in cui ti scusi con il passante a cui hai fatto cadere qualcosa non torna più se non lo fai.”

Riguardo invece la sua intenzione di portare la sua carriera ancora più in là e dirigere un film si ritiene fortunato, avendo avuto l’opportunità di lavorare con alcuni dei registi più grandi di questo secolo ha potuto “rubare” molto da loro e farne tesoro: “Sono stato molto fortunato perché ho avuto dei grandi insegnanti in questi anni, ho incontrato dei grandissimi registi. Una cosa a cui dedico particolare attenzione, a prescindere dalla storia e dal modo di raccontarla, riguarda il lato umano e creativo. Per quanto diversi i gusti e le tecniche di narrazione, da Cronenberg a Matt Ross, tutti hanno una cosa in comune, fanno gioco di squadra. Per esempio Peter Farrelly il primo giorno di riprese ci ha riuniti tutti, cast e troupe, e ha detto ‘io non voglio fingere di sapere tutto, ho la possibilità di fare questo film, ogni giorno ogni scena sarà unica e poi non lo vivremo più, sono consapevole che le buone idee possono venire da qualsiasi parte, da chiunque. Quindi ditemi tutto ciò che pensate perché vi ascolterò e vi risponderò’. A mio parere è solo così che un prodotto buono può diventare immensamente grande. Quando ascolti una persona così le cose funzionano e impari. Questo tipo di persone, di artisti, di registi sono quelli con cui si sogna di lavorare.”

Per quanto riguarda invece la sua interpretazione è stato notevole come sia riuscito a calarsi nei panni di un italoamericano, di un individuo che portava con sé un bagaglio culturale capace di manifestarsi in ogni cosa.

Per quanto riguarda il dialetto italiano non ho avuto un vero e proprio coach. Nel copione c’era scritto ‘parla in italiano’. Tony Vallelonga veniva dalla Calabria e loro portavano un dialetto che probabilmente nella terra d’origine non viene più usato. Ci sono molte parole che vengono inventate, o che addirittura sono un agglomerato di suoni che sembrano italiani ma non lo sono. È stato divertente quanto fondamentale conoscere la famiglia di Tony Lips Nick mi ha invitato nel New Jersey, dove suo fratello ha un ristorante. Mi sono ritrovato in una tavolata grandissima e ho avuto subito paura di non essere accettato da loro. Mi hanno fatto mangiare tantissimo, dei piatti enormi e squisiti. In quell’occasione ho osservato tutti, notando dei particolari comuni a tutta la famiglia. In quel momento ho pensato che quello fosse l’inizio dello studio del personaggio”.

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