#RomaFF13 – Incontro con Isabelle Huppert

L’interprete vince il Premio alla Carriera della 13° Festa del Cinema di Roma e durante l’incontro con la stampa ci racconta cos’è per lei il cinema, ricordando Vittorio Taviani

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Arriva Isabelle Huppert all’Auditorium, quest’anno vincitrice del Premio alla Carriera della Festa del Cinema di Roma. Entrando, ancora con gli occhiali da sole, ha subito ricevuto il calore dal pubblico che in silenzio è stato ad ascoltarla. Durante l’incontro da subito ha parlato della recitazione, del teatro e del cinema che hanno insieme glorificato la sua carriera: “il teatro è qualcosa di diverso poiché è una situazione indubbiamente più stressante e difficile, il fatto di mischiare cinema e teatro è stato una cosa molto utile per me” – e continua – “Le difficoltà al cinema sono risolte dalla regia, ho avuto la fortuna di lavorare con ottimi e grandi registi, io do fiducia al cinema, non è qualcosa che mi fa paura come attrice, al contrario io penso sia un modo per risolvere tutti i problemi, e tutti gli interrogativi che ci si può porre per il semplice miracolo della regia” – pronunciando quello che pare più come un incoraggiamento per chi fa il suo stesso mestiere ad avere fiducia, fiducia nel cinema senza spaventarsi prima di accettare gli incarichi. “Le risposte arrivano nel momento in cui si fanno le cose, personalmente credo che non bisogna avere paura dell’ignoto, a me ha sempre messo curiosità e la considero una cosa motivante”.

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La complessità del cinema e in particolare quella di calarsi nei panni di un personaggio può spesso spaventare ma per la Huppert sembra non ci sia alcun problema in questo, anzi, quanto più si complicano le carte in tavola più trova il motivo per lanciarcisi. “Il cinema da tanti anni ormai è diventato una finestra sul mondo: sempre più politico, sempre più pieno di interrogativi sul nostro modo di vivere, diversamente da tanto tempo fa in cui era molto più inclinato verso l’intrattenimento. Questo cambiamento ha dato molto di più agli spettatori, e anche a me!”

Con una carriera così lunga e piena alle spalle, ricca di persone, personaggi e immagini Isabelle cerca di spiegarci il modo in cui lei si affianca al personaggi che deve interpretare, tramite un processo di auto-riconoscimento: “Io mi sento vicina e contemporaneamente non vicina ai personaggi che interpreto. Non vicina perché non conosco e non ho niente a che fare con i personaggi, ma mi sento vicina a questi personaggi a livello più intimo, segreto. I personaggi non sono mai l’opposto di quello che sono, il personaggio non è me stessa ma ha sempre qualcosa di me. Che sia una fantasia di se stessi o qualcosa più vicina alla propria realtà poco cambia. Il cinema è l’arte di restituire un sentimento di autenticità, di verità quindi necessariamente è una parte della propria verità che si fa passare attraverso il personaggio. Io amo tutti i personaggi, dai più noti come Elle che è stato un momento forte nella mia vita d’attrice, ma ce ne sono tanti altri forse meno noti ma che comunque sono stati molto importanti per me. Non c’è un film che non avrei voluto fare. Tutti i film che non ho ancora fatto sono nascosti da qualche parte, ci incontreremo presto ma ancora non li conosco”.

E ancora: “Il cinema è un confronto con se stessi, da la possibilità di confrontarsi con se stessi, per cui mi consente di lasciare sempre qualcosa di me. Quando si recita un personaggio si viene raccontati dal film in cui si recita, è il film stesso che è come un treno, come diceva Francois Truffaut, il treno è partito, il paesaggio scorre e bisogna dare fiducia a tutto ciò.”

Ed infine a concludere l’incontro con Isabelle Huppert c’è stato il ricordo di un regista italiano che da poco ci ha lasciati e con cui lei ha avuti l’occasione di lavorare: Vittorio Taviani. “Spesso noi associamo il cinema italiano e l’Italia ad una forma di bellezza per via della luce e dei paesaggi, con loro siamo stati in luoghi straordinari e poi c’era l’intelligenza l’attenzione e la dolcezza di Paolo e Vittorio. Ci si dimenticava di girare con una regia a due teste”.

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