#RomaFF14 – I Wish I Was Like You, di Luca Onorati e Francesco Gargamelli

Nella sua divertita programmaticità questo breve documentario coglie straordinariamente l’umore di un’epoca e il modo attuale di ricordare quell’epoca. All in all is all we are come canta Kurt…

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Il 22 febbraio 1994 è una data importante per la vita dei due registi Luca Onorati e Francesco Gargamelli e probabilmente per un’intera generazione di attuali quarantenni. Quella sera, infatti, sul palco del Palaghiaccio di Marino (in provincia di Roma) si esibiscono i Nirvana in uno dei loro ultimi concerti prima della tragica fine di Kurt Cobain nell’aprile successivo. Sono passati venticinque anni, certo, quindi come celebrare quella serata così importante? Iniziamo da qui: il panorama da cinema-della-nostalgia che da almeno un decennio ha eletto gli anni ’80 come eden di ogni forma di fascinazione vintage, sta pian piano riscoprendo gli anni ’90 come nuovo decennio di riferimento. “Quando i Goonies lasciano il posto a Trainspotting”, si dice qui con chirurgica consapevolezza. Il grunge dei Nirvana, pertanto, diventa l’imprescindibile colonna sonora di questa nuova condizione: Onorati e Gargamelli ci immergono ironicamente in un tempo che l’assistente intelligente Siri proprio non può ricordare… ossia un universo mediale fatto di bassa definizione VHS e formato 4.3 da home movie casalingo, alla ricerca di tracce di memoria che vanno da Beverly Hills a Non è la Rai, dalle notti magiche dei Mondiali al terribile 1992 delle cronache. Immagini simbolo di una generazione cresciuta sotto l’ombra dei miti paterni: gli anni ’60/’70 del cinema dei maestri e delle rock band leggendarie, dell’impegno politico e delle rivoluzioni studentesche.

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Insomma, in questa stordente condizione post dove politica, cultura, musica, cinema, sono sempre considerate “copie sbiadite” dell’immediato passato… irrompono i Nirvana come cantori di un sentimento. E’ così che dietro un muro di un garage, tra polvere e scatoloni, si apre la memor(abil)ia di un’epoca: dal walkman al joystich, dalle videocassette di Taxi Driver e Stand By Me ai diari di scuola che contengono i ritagli di giornale sulla morte di Cobain. Un lutto che ha accomunato un’intera generazione nella perdita di un caro amico. E allora: il Palaghiaccio in macerie diventa il luogo della memoria (ripreso ancora oggi in bassa definizione video) dove i due ex ragazzi dei Castelli possono proiettare il raro bootleg che testimonia la loro presenza a quel concerto. Una proiezione alla Be Kind Rewind di Gondry che faccia ritrovare un referente privato a quelle immagini e un luogo fisico a quei ricordi. Ecco che nella sua divertita programmaticità questo breve documentario coglie straordinariamente l’umore di un’epoca e il modo attuale di ricordare quell’epoca. All in all is all we are come canta Kurt in All Apologies, la canzone che diventa il malinconico addio all’adolescenza per l’ultima generazione del XX secolo… “che non  sapeva di esserlo“.

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