#RomaFF17 – Les Pires. Intervista esclusiva alla regista Lise Akoka

Già miglior film nella sezione Un Certain Regard di Cannes 2022, Les Pires è stato presentato in anteprima italiana ad Alice nella Città. Ne abbiamo parlato con la regista Lise Akoka

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Dopo aver vinto il premio come miglior film al Festival di Cannes 2022 nella sezione Un Certain RegardLes Pires di Lise Akoka e Romane Gueret è stato presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella Città. Il film si colloca nello spazio tra documentario e finzione, in una riflessione metacinematografica sull’equilibrio tra arte e sfruttamento. Girato in un quartiere difficile come Cité Picasso a Boulogne-Sur-Mer, nel Nord della Francia, ha per protagonisti una troupe e quattro giovanissimi – Lily, Ryan, Maylis e Jessy, quattro facce davvero notevoli – che vengono scelti per recitare in un film nonostante siano considerati “i peggiori” (Les Pires) del quartiere. Abbiamo incontrato la regista Lise Akoka per approfondire la genesi e le tematiche del film.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Perché avete scelto di raccontare questa storia e soprattutto perché proprio da questo punto di vista?

Io e Romane ci siamo conosciute sette anni fa per il casting di un film nel Nord della Francia. Abbiamo avito modo di incontrare centinaia di bambini provenienti da zone difficili, così abbiamo deciso di raccontare le loro storie. Prima con un corto, Chasse Royale, e ora con un lungo. Quello che abbiamo voluto raccontare è in qualche modo la fascinazione che il cinema ha sempre avuto nel raccontare questi contesti difficili, e la responsabilità che ricade sulle nostre spalle quando andiamo ad osservarli dal nostro punto di vista privilegiato. Non volevamo raccontare una storia da un punto di vista oggettivo, ma soggettivo mettendoci in prima linea. Per questo c’è anche uno sguardo critico su queste dinamiche, cioè ragionare su come possa impattare il cinema su un certo tipo di persone, in positivo o in negativo. Abbiamo voluto mostrare diversi punti di vista sulla questione.

Qualcuno dei ragazzi ha deciso di voler continuare a fare l’attore?

Si, certo. Alcuni di loro sono stati contattati dopo la proiezione a Cannes. Mallory Wanecque (Lily) ha scoperto una grande passione e vorrebbe continuare a farlo. A scuola era una pessima allieva ma ora impara a memoria copioni per i provini, questa può essere una buona possibilità per lei e per il suo futuro. Sono molto felice perché uno degli obiettivi di questo film era aprire gli orizzonti di questi ragazzi e aiutarli a vedere il mondo aldilà del proprio quartiere.

La questione della rappresentazione cinematografica delle periferie e di quei contesti definiti “degradati” esiste in Italia sin dai tempi di Pier Paolo Pasolini. In Francia se ne parla molto a proposito dei film ambientati nelle banlieue parigine, ormai quasi un genere a parte. Come si può riuscire a distinguere l’arte e la semplice documentazione dallo sfruttamento incontrollato e dal voyeurismo spesso morboso di intellettuali borghesi?

Una risposta univoca chiaramente non esiste, infatti il film pone proprio questi interrogativi. Fino a che punto si può arrivare per l’arte? La questione è molto delicata. Noi ci siamo dati dei limiti per non rendere questi ragazzi dei semplici burattini nelle nostre mani ma lasciarli il più possibile liberi. Il nostro intento era quello di immergerci completamente nelle vite di questi ragazzi evitando di essere troppo concettuali.

Secondo lei un festival così esclusivo e poco inclusivo come quello di Cannes, così lontano dalla realtà e dalle persone comuni, può riuscire a contenere e raccontare le storie dei ragazzi del vostro film?  Può attuare un processo di autoanalisi e messa in discussione?

Di sicuro c’è una chiara ambivalenza, un contrasto netto tra due realtà cosi diverse e allo stesso tempo distanti tra loro. Però è un trampolino di lancio troppo importante per un film. Grazie a Cannes siamo stati invitati in diversi festival in tutto il mondo e siamo stati in grado di raccontare le loro storie ad una quantità di spettatori impensabile.

Ci sono stati momenti difficili o di crisi durante le riprese? Un po’ come quelli che vengono raccontati nel film.

Sicuramente non è stato assolutamente facile gestire tutti questi ragazzi che non avevano mai avuto a che fare con il cinema. Chi non si svegliava in tempo, chi poteva innervosirsi o chi semplicemente aveva situazioni difficili alle spalle che non gli permettevano di lavorare serenamente. Ci sono state anche delle fughe. La ragazza che doveva interpretare la protagonista prima di Mallory ci ha mollato durante la pre-produzione, quando per fortuna ancora non eravamo arrivati sul set. Il suo ragazzo era molto geloso e non era contento di alcune scene del film, così ha opposto resistenza fin dal primo giorno. Di certo sul set c’era una bellissima atmosfera ma sapevamo che poteva succedere qualche imprevisto in ogni momento.

Progetti futuri?

Stiamo lavorando sull’adattamento cinematografico della nostra serie Tu préfères, già disponibile da un paio d’anni sul canale francesce Arte Tv.

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative