#RomaFF17 – L’innocent. Incontro col regista Louis Garrel

Arriva a Roma il quarto film da regista di Louis Garrel, presentato alla Festa del Cinema nel Best of 2022. Ecco l’incontro dell’attore con la stampa

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“Sono qui con quattro film. Ho quasi il monopolio. Sono il Louis Vuitton del cinema”. Esordisce scherzando con la stampa il regista francese Louis Garrel prima di raccontarci la genesi del suo ultimo film L’innocent, presentato nella sezione “Best of 2022” della Festa del Cinema di Roma. “Il mio primo desiderio era fare un poliziesco senza poliziotti. Poi mi sono ricordato che quando avevo dodici anni mia madre andava in prigione per fare spettacoli per i carcerati. Avevo ammirazione e paura per lei e sono per questo film partito da questa cosa autobiografica. Ho voluto provare a miscelare i generi del cinema popolare, in primis il noir comico e la commedia romantica non sdolcinata.”

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Durante la sua carriera di attore Garrel ha avuto la fortuna di lavorare con Jean-Claude Carrière, suo mentore, che a sua volta ha scritto e collaborato con Jacques Tati, Luis Bunuel e Peter Brook. “Sai che facendo ridere gli spettatori apri più parti dentro di loro? Questo mi ha detto una volta Jean-Claude Carrière e secondo me far ridere è la forma più naturale di fare spettacolo perché si ride in pubblico e si piange in segreto. L’intenzione del mio film infatti non è essere drammatico, ma leggero, anche divertente. Le parti drammatiche sono nascoste.”

Un giornalista, citando un dialogo di Mr. Nobody del regista belga Jaco Van Dormael, chiede a Garrel una opinione su come mai si consideri che nella maggior parte dei film francesi non succede mai niente. Il cineasta non perdendo la sua inclinazione ad un atteggiamento piacevole e genuino ricorda che una volta un americano gli disse in maniera convinta che nei film francesi si racconta sempre la stessa storia. “Maurice Pialat è la più grande influenza del cinema francese e il naturalismo di Pialat è rimasto nel nostro cinema. Ma io questo film l’ho fatto pensando sempre all’Italia. Ecco perché ho messo Gianna Nannini alla fine. Ho voluto fare un film dove le donne sono coraggiose. Ho preso il rischio di essere divertente perché non volevo essere monotono. Ci sono due tipi di registi: i poeti e i narratori. Carrière era un narratore ed era ossessionato dallo scrivere una scena che il pubblico non si poteva aspettare. Una volta poteva essere drammatica, poi comica, e ancora ridicola, poi noir. Come se fosse un DJ set, un cinema di evasione come direbbe Truffaut.”

Le digressioni di Garrel rispecchiano in pieno le intenzioni del suo cinema che lui stesso definisce Pop piuttosto che d’autore. Pop è stata la scelta di utilizzare in gran parte canzoni francesi. “Anche gli italiani dovrebbero mettere canzoni italiane nei loro film, come fa Pedro Almodovar, autore capace di farti sentire la Spagna attraverso le sue pellicole, altrimenti si cade nell’imitazione di niente.”

Garrel ammette che alcune scene del film sono un omaggio al mestiere di attore. Cita Marivaux, drammaturgo e scrittore francese che fece degli studi su come nasce il sentimento. Secondo il  commediografo far finta di fare qualcosa può portarti alla realtà e ogni film in fondo gioca con l’idea che il sentimento nasce da un gioco. “Tutti sappiamo che un film è finzione, ma io amo il momento in cui lo spettatore crede in quello che ha davanti. Lo definisco il momento della fede.”

Il regista conclude dicendo che non ha voluto girare a Parigi perché la conosce troppo bene. Cercava un rapporto più naif con il luogo, quindi ha scelto Lione, che secondo lui ha qualcosa di italiano. “Lione mi fa pensare a Napoli.”

L’innocent parla, in maniera attuale e insolita, del rapporto genitore-figli. Nella storia che racconta Garrel è il figlio ad occuparsi della madre e non il contrario, cercando la maniera di stare assieme. Come se il film in un certo modo volesse dire che le generazioni di oggi sono più mature di quelle dei nostri genitori. “Non saprei dire se la mia generazione è meno pazza di quella dei miei genitori. Io sono sicuramente più borghese e noioso di loro.” La stampa in sala ride e applaude. Ancora una volta Garrel dimostra che far ridere è la forma più naturale di fare spettacolo.

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