#RomaFF2010- Era d’estate, di Fiorella Infascelli

Le vicende di Borsellino e Falcone, sono ricostruite dalla regista tramite un’ottica che tenta di sfuggire dal racconto agiografico per cercare una visione più corale ed intimista

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La grande storia e la piccola storia si incrociano fin dalle prime scene del film della Infascelli: inizio estate 1985, la giovane Lucia si prepara per il suo compleanno, torna dal mare con la sorellina e si mette il vestito elegante, quando improvvisamente irrompono in casa degli uomini armati che prelevano lei e tutta la sua famiglia, per scortarli verso un luogo ignoto. Le vicende di Paolo Borsellino (il padre di Lucia), e di Giovanni Falcone, sono ricostruite dalla regista tramite un’ottica che tenta di sfuggire dal racconto agiografico per cercare una visione più corale ed intimista, focalizzandosi appunto non solo sulle figure dei magistrati, ma anche sui loro affetti più cari e su come possano aver vissuto quegli anni di timori e perenni rischi. Nello specifico ci mostra il periodo passato dai giudici e le loro famiglie all’isola dell’Asinara, quando vissero insieme nella foresteria di Cala d’Oliva, costretti a tale esilio a causa di delle minacce di morte giunte dal carcere dell’Ucciardone. I magistrati stavano per dare il via a quello che sarà ricordato come il “più grande processo della storia”, ed in quel contesto di forzata nullafacenza si trovarono inizialmente nel panico, o quantomeno così ce li descrive la Infascelli, in un momento di attesa, prima che arrivino i faldoni che gli permetteranno di continuare a lavorare per l’avvio del processo, mentre osservano il mare dalle finestre della foresteria, o guardano i parenti giocare al sole. Il film tenta quindi di cogliere i dettagli, le sfumature, piuttosto che affrontare di petto delle figure già tanto (e mal) rappresentate, e di per se così ingombranti, ma riesce solo in parte nell’ardua impresa, d’altronde è quasi impossibile sfuggire all’elegia. In ogni caso quello che riesce ad ottenere è un racconto evocativo fatto di sensazioni, non detti, del piacere di momenti di leggerezza rubati, prima di dover tornare ad affrontare la brutalità del mondo reale. Un film che “guarda dal buco della serratura”, senza pretendere di inoltrarsi nell’intimo dei protagonisti, ma prova a ricostruire i caratteri di Falcone e Borsellino al di là del mito: mostrandoci due uomini uniti nonostante le differenze, estremamente ironici e solidali l’uno con l’altro, che affrontano con lucidità e piena consapevolezza ciò che li aspetta.

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