ROTTERDAM 38 – Altri spazi della visione

nonko_36-saiIl Festival propone quest’anno film inediti o raccolti nel meglio dei festival dell’anno precedente e opere che sfidano lo spettatore, anche quello più smaliziato, per durata e intensità della costruzione di un’immagine, di un’inquadratura, del senso di un testo o di una sua minima parte. Da Jonas Mekas, allo Tsukamoto Shinya di Nightmare Detective 2, fino a Nonko 36sai kajitetsudai (Non-ko) del giapponese Kumakiri Kazuyoshi

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nightmare detective 2 di Tsukamoto Shinya Si scinde, e scindendosi si compenetra sempre più, il palinsesto dell’International Film Festival di Rotterdam, alla cui regia è stato confermato come direttore Rutger Wolfson, proveniente dalle arti visive e che, già un anno e ben di più in questa trentottesima edizione, ha elaborato e sta elaborando un’idea di cinema spostata verso altri spazi della visione. All’interno di un programma che, in questo modo, da una parte si spinge nei territori dell’esposizione, della galleria, della sperimentazione hard, e dall’altra accoglie programmi che guardano al grande pubblico metropolitano che frequenta a ogni ora il festival. Ovvero, film inediti o raccolti nel meglio dei festival dell’anno precedente e opere che sfidano lo spettatore, anche quello più smaliziato, per durata e intensità della costruzione di un’immagine, di un’inquadratura, del senso di un testo o di una sua minima parte. Dalla trilogia compiuta in quarant’anni dal filmmaker americano Ken Jacobs e basata sulla rielaborazione infinita di un breve film del 1905 (Tom, Tom, the Piper’s Son, 1969; Return to the Scene of the Crime e Anaglyph Tom (Tom with Puffy Cheeks), entrambi del 2008, quest’ultimo in prima mondiale) al film-fiume sulla Lituania oggi di Jonas Mekas (Lithuania and the Collapse of the USSR, quasi cinque ore anch’esse in world premiere), dallo Tsukamoto Shinya cui basta un’inquadratura, l’ultima, di Nightmare Detective 2, la solitudine del detective in lacrime, per esprimere e ribadire tutta la sua immensa potenza visiva e emozionale anche nel dittico decisamente dentro il genere dell’horror con fantasmi asiatico, al Brian Yuzna che ri-inizia/continua la sua filmografia in Indonesia producendo Takut: Faces of Fear, un film horror a episodi diretti da registi indonesiani (ne riparleremo). Alla miriade di micro-programmi dentro i quali scovare, o volerlo fare (perché poi basta un intoppo un ritardo un umore fuori luogo il catalogo letto troppo tardi e troppo in fretta perché l’arrivo a Rotterdam è stato lungamente ritardato dai sempre più complicati viaggi di spostamento…), schegge che valgono/varrebbero l’intero festival. Anche se quest’anno non  c’è traccia di un qualsiasi tormentoestasi inciso nel tempo del cinema da Brakhage o Dwoskin…

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Nonko 36-saiTra i film finora più belli, ma non messo in concorso, e in prima internazionale, Nonko 36sai kajitetsudai (Non-ko), il nuovo lungometraggio del giapponese Kumakiri Kazuyoshi, il trentacinquenne regista che nel 1998 vinse il Festival di Taormina con l’horror Kichiku. Non-Ko è lo pseudonimo della protagonista Nobuko Bando (una bravissima Sakai Maki), donna di 36 anni (cui fa riferimento il titolo originale) divorziata che ritorna al villaggio di famiglia, luogo dove arriva anche un giovane che vorrebbe, non senza problemi con il boss locale, partecipare con uno stand e iniziative alla locale festa tradizionale che si sta preparando. Kumakiri sceglie i toni leggeri, anche con la musica, della commedia umana e esistenziale, ma che esprimono dolenti disagi interiori e fisici e relazioni presenti segnate da indelebili episodi del passato. Un film che conferma lo sguardo di un cineasta in grado di spostarsi dentro i generi, qui anche sfiorando l’erotismo con due brevi intense scene di sesso (fra Non-ko e l’ex marito tornato, per poco, e fra lei e il ragazzo), l’esistenzialismo leggero e toccante (l’impossibile fuga di loro due dal villaggio, che si interrompe nei fuori campo di una isolata stazione ferroviaria) e il tocco quasi surreale del nuovo incontro fra la donna, rientrata nel villaggio, e il ragazzo, sotto forma di una gallina, ovvero uno dei pulcini che lui cresceva con amore preparando la performance mai realizzata per la festa.

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