ROTTERDAM 39 – "The Old School of Capitalism" di Zelimir Zilnik (Spectrum)

the old school of capitalism di zelimir zilnik
Attivo da più di quarant’anni, uno dei più grandi maestri del cinema indipendente dell’ex Yugoslavia firma uno dei più straordinari esempi di cinema politico visti a Rotterdam. Un succedersi irresistibilmente divertente di ribaltamenti e contraddizioni (innanzitutto tra la realtà e la fiction, annodate insieme dal digitale) a proposito del selvaggio neocapitalismo della Serbia di oggi

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the old school of capitalism di zelimir zilnikAttivo da più di quarant’anni, uno dei più grandi maestri del cinema indipendente dell’ex Yugoslavia firma uno dei più straordinari esempi di cinema politico (con Yasukuni di Li Ying) visti a Rotterdam. Inizia come un documentario sulle manifestazioni di piazza di fine Aprile 2009 a Belgrado, contro la politica avversa ai lavoratori indetta dal governo per scongiurare la crisi. Presto però ci si sofferma su un gruppetto di persone che discutono: uno di loro sbeffeggia la nostalgia di Tito degli altri, e racconta la propria esperienza di attivismo, quando insieme agli altri operai hanno letteralmente smontato mattone su mattone la fabbrica del padrone che non li pagava più da due anni. Dopodiché, Zilink ci mostra una ricostruzione in cui sono quegli stessi operai a ri-recitare la loro impresa. Da qui in poi, si alternano le riprese delle manifestazioni a queste ricostruzioni pseudo-documentarie; la generica etichetta di “docu-fiction”, però, va molto stretta a questo film dove la storia si ramifica sempre di più, si aggiungono continuamente e inaspettatamente personaggi, deviazioni narrative, flashback, estratti da news (gli accordi con gli USA sigillati dalla visita di Biden in Serbia del maggio 2009), ribaltamenti.

Ecco: soprattutto ribaltamenti. Se The Old School of Capitalism non è Ken Loach, nonostante sia sospeso tra toni spinti da commedia e il monito amaro dell’inevitabile incombere della Restaurazione dopo qualunque tentativo di cambiare le cose, è proprio per come ribalta a 180° le situazioni da un istante all’altro. Il film è quindi un coriaceo esercizio di contraddizione, che disattende sistematicamente le attese prodotte di istante in istante, senza riassorbire le contraddizioni in quel saliscendi drammaturgico che è la sceneggiatura. La prima e più immediata contraddizione contro cui si sbatte, è infatti proprio quella che stringe insieme la realtà “documentata” e le ricostruzioni fiction: per annodarle insieme, Zilnik usa la versatilità del digitale con impressionante freschezza e nitidezza; il suo senso di “presa diretta” non è mai a detrimento della chiarezza impeccabile e priva di sbavature della messa in scena.

Come sanno bene in Serbia, e come viene confermato nel film dall’irresistibile personaggio “filosovietico”, dietro (e dopo) i sogni di rinnovamento c’è sempre il fiato sul collo di una Russia (sia pure a stelle e strisce) pronta a rovinare tutto con goffi sogni di grandeur. The Old School of Capitalism non si ferma dunque alla facile polemica anticapitalistica: mette innanzitutto in guardia sulle inevitabili impasse cui questa polemica (insieme ai relativi tentativi di azione) va incontro. Non come apologia della rinuncia rassegnata, ma al contrario come atto di responsabilizzazione. Un atto di responsabilizzazione terribilmente divertente.

Per questo, The Old School of Capitalism è un film assolutamente da recuperare, e da vedere. Soprattutto in un Paese come il nostro che non sa più che cosa voglia dire “politica”, e soprattutto che non è più capace di maneggiare il potenziale politico delle immagini.

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    Un commento

    • Oh capito…Zelimir Zilnik uno dei maestri dell'onda nera del cinema Jugoslavo anni sessanta…la tua recensione mi fa venire voglia di recuperare il film. Ciao M