Rubikon, di Leni Lauritsch

Presentato alla 22esima edizione del Trieste Science + Fiction Festival, Rubikon di Leni Lauritsch è un dramma multilingua da isolamento nello spazio, che pone domande sulla nostra epoca

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2056. Le nazioni del mondo si sono dissolte, e il potere non è più amministrato dai governi, ma dalle multinazionali. I ricchi si ritirano in biosfere sigillate, mentre i poveri soffocano e muoiono di fame. Ambientato in un futuro relativamente vicino, il film vede il soldato Hannah Wagner (Julia Franz Richter), lo scienziato Gavin Abbott  (Georg Blagden – Vikings) e il biologo Dimitri Krylow (Mark Ivanir – Fringe) impegnati sulla stazione spaziale internazionale Rubikon. Dimitri, che è di servizio a bordo, ha condotto una serie di esperimenti con alghe che producono ossigeno, e la missione è quella di supervisionare la consegna della pianta madre sulla Terra, dove l’aria pulita è diventata una cosa rara. Ma subito dopo il lancio della navetta, con a bordo il figlio di Dimitri, Danilo (Konstantin Frolov), un segnale di soccorso colpisce la stazione.

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C’è qualcosa che non va. Tuttavia, Hannah, Gavin e Dimitri non hanno bisogno di essere avvertiti, lo vedono con i loro occhi: una nuvola tossica di inquinamento ha inghiottito la Terra, tagliando ogni tipo di comunicazione e uccidendo un numero incalcolabile di individui. Lo shock segue l’incertezza, ma ecco il colpo di scena: riescono a ristabilire la connessione con un gruppo di 300 amministratori delegati benestanti che sono riusciti a salvarsi a spese di tutti gli altri, civili e soldati, come Knopf (Hannah Rang), la sorella di Hannah. Dovrebbero rischiare la propria vita in una missione di salvataggio in superficie, o ignorare il vecchio mondo per costruirne uno nuovo fatto di sicurezza, solitudine e claustrofobia, vivendo grazie al sofisticato sistema simbiotico ad alghe della stazione? Gavin vuole aiutare, mentre Dimitri vuole restare. Hannah si trova nel mezzo.

Nel suo primo lungometraggio, la regista austriaca Magdalena “Leni” Lauritsch fa porre allo spettatore domande sull’isolamento. Girato con un budget limitato e con un cast internazionale su un set a Vienna, la sua avventura fantascientifica affronta anche la questione della responsabilità morale contro l’autoconservazione.

Presentato in Anteprima italiana alla 22esima edizione del Trieste Science + Fiction Festival, è stato presentato in anteprima europea al Karlovy Vary Film Festival, in concorso al 18° Festival di Zurigo e proiettato al Sitges Film Festival. “È un dramma contenuto”, dice Lauritsch. L’intera storia si svolge su quella stazione spaziale: è tutto. Tre persone, costrette a vivere insieme per un periodo indefinito di tempo in uno spazio isolato. In effetti, tutta questa dinamica e ciò che gli accade, rispecchia davvero ciò che stava accadendo durante la prima ondata della pandemia, e come allora, nessuno si fida l’un dell’altro. In una situazione di crisi, non siamo uguali… Come si suol dire, Alea iacta est.

Sul set, gli attori hanno dovuto affrontare situazioni simili ai loro personaggi: non sapevano neanche loro quando avrebbero rivisto le loro famiglie. Un B-movie-friendly di un dramma interpersonale che scoppia nel bel mezzo di un trio ispirato alla serie “The Twilight Zone” (2019). Anche se ambientato in un futuro prossimo nello spazio, all’interno di questo film di fantascienza multilingue (inglese, tedesco, russo) lo spettatore percepisce un senso di angoscia, impotenza e colpa, per la catastrofe ambientale.

Rubikon non offre mai agli spettatori risposte profonde alle sue domande più grandi, ma pone abbastanza domande per mantenere, anche se non in maniera accattivante, il ritmo mentre lo si guarda. Inquietante, visivamente sbalorditivo per gli effetti speciali, non convince del tutto: risulta freddo e alle volte anche superficiale. Il film, che mostra i conflitti e le perdite dei personaggi, quest’ultimi rimangono in gran parte poco sviluppati, per questo motivo commette lo stesso errore che continuano a commettere queste istituzioni: trascurare il fattore umano. Possiamo ancora permettercelo?

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
2 (2 voti)
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