SALENTO FEAR FEST 2007 – Conclusioni

Tirando le somme a festival concluso, si può affermare che la manifestazione diretta da Luigi Campanile sia riuscita dal punto di vista contenutistico: nella media i lavori presentati si sono rivelati di buona qualità. Occorre forse un po' riguardare e riassettare l'aspetto più propriamente organizzativo dove non tutto ha funzionato a dovere

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C'è molta America nei film passati al Salento Fear Festival: se infatti la giuria presieduta dal regista e poeta Silvano Agosti ha assegnato i premi più importanti all'iraniano The forbidden chapter (miglior film) di Feriborz Kamkari e all'inglese The living and the dead di Simon Rumley (miglior attore, Leo Bill), opere estranee al contesto cinematografico statunitense, è pur vero che altri lungometraggi a stelle e strisce provenienti dal cinema indipendente si sono rilevati particolarmente interessanti. A cominciare da Plane dead, uno zombie movie ambientato a diecimila metri d'altezza. Il film diretto da Scott Thomas, ha vinto il premio per i migliori effetti speciali ed è ambientato all'interno di un aereo partito da Los Angeles e diretto a Parigi, aereo che porta con sé un tremendo virus capace di trasformare gli uomini in zombie. La trama può sembrare banale (anche se è la prima volta che gli zombie approdano su un aereo) ma il film nella sua semplicità e immediatezza funziona a dovere mantenendo alta la tensione e l'attenzione per tutta la sua durata. Omaggi cinefili a ripetizione di film "aerei" – comici e non – (Airport, L'aereo più pazzo del mondo, Final destination, Snakes on a plane) ed inaspettate citazioni colte (Freaks di Tod Browning) unite a dosi massicce di action pura ed effetti speciali particolarmente curati rendono questo lungometraggio un gioiellino horror che intelligentemente non si prende troppo sul serio ma centra in pieno il bersaglio di divertire lo spettatore.

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Con Windcroft si viaggia invece in territori ben più intimisti e problematici. Il film di Evan Meszaros narra le vicende di un manager in crisi che tornando – insieme alla moglie appena sposata – al suo paese natale dopo dieci anni, riscopre un passato oscuro impossibile da dimenticare. L'opera più compatta del concorso, ha vinto due premi, miglior fotografia e miglior attrice (Monica Knight), ma avrebbe meritato più attenzione dalla giuria, soprattutto per l'innegabile capacità di racconto che il  regista americano ha dimostrato di possedere. Meszaros lavora per sottrazione, giocando sul non detto, atmosfere sature apparentemente placide e tranquille che sequenza dopo sequenza tramutano la bellezza della campagna in luogo da incubo dove la salvezza non viene concessa a nessuno. Ritmi volutamente rallentati e avvolgenti che ben si sposano con una ricercata fissità delle inquadrature, interpreti in rapporto simbiotico con la natura, trasportati da una "bucolica dolcezza" che non guarisce le ferite dell'anima ed i peccati proibiti  della carne, ma cela la violenza e la psicosi per farli poi esplodere in un crescendo vorticoso di martirio carico di dolore. La sezione cortometraggi ha visto premiati ex aequo Chicken fut di Harrison Witt  e Happy Birthday 2 you di David Alcalde, molti corti erano comunque di pregiata fattura: Dear Sweet Emma, esilarante lavoro d'animazione dell'americano John Cernak, protagonista una dolce vecchietta in realtà psicopatica assassina, He works in a suit dell'australiano Robert Davis, road movie girato in bianco e nero dal sapore wendersiano e …Zzz… di Loris Arduino dove lo splatter al limite della sostenibilità si mescola allo sberleffo inaspettato.

Ricordiamo infine la bella serata "SplatterContainer Night" curata da Marco Viola, una notte con al centro dell'attenzione gli smembramenti più deliranti, comici e liberatori visti ultimamente sul grande schermo. Sono stati proiettati diversi cortometraggi e un lungometraggio, The mad, con il redivivo Billy Zane in una delle sue migliori interpretazioni: aria dimessa e malinconica se la dovrà vedere con una miriade di hamburger (!!) assassini. Attenzione particolare necessita It came from the west del danese Tor Fruergaard, stupefacente zombie western movie con protagonisti non attore in carne ed ossa (e sangue), ma pupazzi animati particolarmente affamati di carne (non)umana: ritmo indiavolato, sequenze ultra gore e gag a ripetizione fanno di questo corto un piccolo capolavoro di tecnica animata meritevole di trovare presto una distribuzione italiana (lo stesso Marco Viola si sta muovendo in tal senso). Tirando le somme a festival concluso, si può affermare che la manifestazione diretta da Luigi Campanile sia riuscita dal punto di vista contenutistico: nella media i lavori presentati si sono rivelati di buona qualità, occorre invece riguardare e riassettare, in vista delle prossime edizioni,  l'aspetto più propriamente organizzativo dove non tutto ha funzionato a dovere: difficoltà logistiche e tecniche hanno spesso rallentato i compiti allo staff dell'organizzazione del festival, procurando disagi soprattutto nei momenti antecedenti le proiezioni.


 


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