SALONICCO FILM FESTIVAL – Il festival e la frontiera (2)

Il festival di Salonicco continua il suo percorso e comincia ad entrare nel vivo della sua programmazione. Attraversando luoghi e forme del cinema che caratterizzano la produzione contemporanea mediterranea e balcanica, i film presentati si muovono soprattutto intorno alla definizione dell´altro, dello straniero, di colui che arriva da lontano.

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Il festival di Salonicco continua il suo percorso e comincia ad entrare nel vivo della sua programmazione. Iniziano quindi a svelarsi una serie di percorsi segreti, che uniscono tra loro autori e cinematografie di cui il festival si fa interprete. Attraversando luoghi e forme del cinema che caratterizzano la produzione contemporanea mediterranea e balcanica, i film presentati si muovono soprattutto intorno alla definizione dell'altro, dello straniero, di colui che arriva da lontano. Le forme dell'immigrazione sono ossessivamente presenti nel cinema visto qui a Salonicco, a partire dalla commedia danese Chinaman di Heinrich Ruben Genz, in cui l'altro, le sue usanze, la sua diversità culturale sono il pretesto narrativo per una commedia del travestimento, abilmente giocata all'interno di un piccolo ristorante cinese di una grande città danese. Genz, lavora sui tempi della commedia, rallentandone i ritmi e adattandoli ad un cinema sospeso, in cui la commedia sottende sempre un elemento tragico legato ai destini esistenziali dei personaggi. In altre direzioni lavorano film come il croato What's a man without Mustache di Hrovoje Hribar e il film greco Honey and the Pig di Olga Malea. In  entrambe le pellicole, al di là delle differenze, risuona un motivo comune: l'impossibilità di descrivere, se non attraverso le forme eccessive della commedia surreale, le trasformazioni geopolitiche e culturali in atto in una delle zone più calde dell'Europa. Storie di incroci e ibridazioni, di scontri e conflitti, i due film lavorano attraverso il codice dell'eccesso, che sembra essere una delle chiavi di molto cinema balcanico. L'ibridazione è anche una delle chiavi di molto cinema contemporaneo: ibridazione di forme e di stili, di codici e linguaggi tipici dei generi cinematografici più consolidati. In The Hearth of the Beast di Renos Haralambidis, uno dei rappresentanti più significativi della nuova generazione di registi greci, la struttura tipica del thriller si ibrida con la commedia dei "Buddy movie", basata sull'assortimento di personaggi improbabili e radicalmente diversi l'uno dall'altro, che diventano naturalmente l'uno il riflesso (distorto) dell'altro.

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Se la commedia diventa una delle linee più seguite dai registi presenti al festival anche in forme più consolidate e convenzionali – ad esempio in film come Adams Aebler di Anders Thomas Jensene Fakete Kefe di Roland Vranick e, soprattutto, Woman is a though person di Antonis Kafetsopolus, interessante riproposizione di una commedia classica e pungente secondo la linea wilderiana- un altro tema che lentamente prende corpo nella ricca (e notevole in quanto a numero) programmazione del festival, è senza altro quello della storia e della memoria. Dispositivo che da sempre riattiva l'indagine sul passato, la ricerca di una memoria e di un passato che si ri-presenta attraverso l'immagine, il cinema degli ultimi anni continua a lavorare – nella fiction come nel documentario – intorno a questi temi, come si vedrà nei prossimi interventi. (22 novembre 2005)

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