Salvatore Giuliano, di Francesco Rosi
Rosi porta a compimento un'opera vigorosa che ha il valore del documento e la veemenza del pamphlet politico. Scrupolo storiografico, impegno civile, spettacolo si fondono in un film che rimane un modello insuperato

Ma ciò che più piace di Salvatore Giuliano è che l'esigenza documentaristica e l'impegno civile non portano a rinnegare le esigenze dello spettacolo o a tacere l'emotività del racconto. Rosi è perfettamente consapevole di avere a che fare con un film e lavora sui fatti con mezzi squisitamente cinematografici: così restituisce tutta la tragedia della strage dei braccianti con un bellissimo campo lungo, rende tutto il mistero del personaggio Giuliano non mostrandone quasi mai il volto, sceglie di esaltare drammaticamente il momento dell'assassinio di Gaspare Pisciotta. Un film bello e coraggioso, un esempio emblematico di come il cinema possa essere uno strumento di intervento diretto sulla realtà. I film di impegno civile diverrano un must del cinema italiano, ma l'opera di Rosi, pur divenendo un modello per numerosi epigoni, per la sua stessa concezione, la modernità nell'utilizzo dei materiali a disposizione, per il suo impatto emotivo, avrà pochissimi eguali: lo stesso regista napoletano proverà a ripetersi, specialmente con Il caso Mattei (1972), ma bisogna guardare soprattutto a certo cinema americano, Tutti gli uomini del presidente in testa. Paolo Benvenuti tornerà in anni più recenti sulle stesse vicende con Segreti di Stato (2003).
Regia: Francesco Rosi
Interpreti: Frank Wolff, Salvo Randone, Federico Zardi, Pietro Cammarata, Giuseppe Teti
Distribuzione: Cineteca di Bologna
Origine: Italia 1962
Durata: 120'