Salvatore Mereu presenta "Bellas Mariposas"

salvatore mereu con le protagoniste di Bellas mariposas

Il film, che arriverà al cinema il 9 maggio, sta cercando di farsi strada nel panorama cinematografico italiano, nonostante l'accoglienza tiepida dei distributori locali. E' già stato presentato lo scorso anno a Venezia nella sezione Orizzonti, in cui si è aggiudicato il "Premio schermi di qualità" e sta riscuotendo  grande successo nei Paesi Bassi.

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Bellas Mariposas è stato tratto dall'omonimo romanzo di Sergio Azteni, un lungo monologo in prima persona che racconta un giorno nella periferia di Cagliari, visto con gli occhi della piccola Cate. Tra prostituzione minorile, spaccio di stupefacenti, e miseria, Cate e la sua amica Luna, completamente immerse in questo mondo, riescono a guardarlo con l'ironia e la spensieratezza tipiche della loro età. Il tema scottante e la difficoltà oggettiva di trasformare un romanzo come questo in pura materia drammaturgica, non hanno scoraggiato il regista Salvatore Mereu, che ha deciso di produrre e distribuire questo film autonomamente, mettendolo  in piedi tra le palazzine fatiscenti di Cagliari e tra i loro abitanti, con un cast quasi toltalmente reclutato per le strade e nelle scuole.

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Come si spiega il film non abbia trovato una distribuzione adeguata in Italia?

Prima di tutto bisogna ammettere che il mercato cinematografico ha subito una piccola rivoluzione copernicana negli ultimi anni e che molte delle sale che avrebbero accolto favorevolmente il film sono state chiuse. Il numero dei film realizzati invece è rimasto invariato e se non si partecipa ai festival, che sono semptre delle ottime vetrine, e se non si ha una campagna promozionale all'altezza è difficile avere successo. A questo si aggiunge la valutazione del box office nel primo weekend di uscita del film, che in casi come questo non lascia all'opera respiro e spazio sufficiente per il passaparola, e rende difficile la vittoria nella guerra dei numeri.  Tuttavia la realizzazione del film non sarebbe stata possibile senza il prezioso aiuto di Rai Cinema e della Regione Autonoma della Sardegna, oltre che della casa produttrice Viacolvento di cui faccio parte io stesso.
 

Il film è tratto da un libro ma ciò nonostante la sceneggiatura lascia trasparire una sensazione di freschezza e di improvvisazione dall'inizio alla fine. Come è riuscito a mediare tra un testo precostituito e degli interpreti così giovani?

Di sicuro non è facile trasporre sullo schermo un racconto interamente strutturato come un monologo e privo di qualsiasi forma di divisione in atti e privo di colpi di scena, ma poco a poco le parole hanno preso forma e si sono cucite addosso agli attori e fuse con il loro vissuto. Non bisogna dimenticare che molti di loro non sono attori professionisti, ma ragazzi del luogo, che fanno parte del mondo raccontato. In particolare Sara e Maya, che hanno interpretato Cate e Luna, sono state il fulcro dell'intero gruppo. Il loro rapporto e la loro complicità era fondamentale per il funzionamento del film e mi sono concesso il lusso di girare il film in ordine cronologico, sebbene economicamente sia stato più oneroso, perchè era mia intenzione far crescere il rapporto tra le due ragazze poco a poco. Nelle ultime scene, così come nelle scene più crude, in cui la complicità tra le due è molto evidente, gli sguardi che si scambiano e le risate sono assolutamente spontanei.

 


Ci sono stati problemi a girare il film in un vero complesso abitativo della periferia di Cagliari? Come hanno reagito gli abitanti-spettatori?

Ci siamo trattenuti a Cagliari per quasi tre mesi e ci sono stati alti e bassi nel rapporto con gli abitanti del quartiere, visto che alcuni di loro svolgono attività illecite per sopravvivere e la presenza di una troupe è certamente di intralcio in questi casi. Ciò nonostante siamo stati accolti benevolmente. Un elemento da non sottovalutare però è il fatto che prima di iniziare a girare il film io abbia  lavorato lì come insegnante, quindi non mi presentavo come un regista qualunque, ma come l'insegnante dei loro figli, molti dei quali facevano anche parte del cast. Mi sono posto rispetto a questo frammento di realismo con uno spirito documentaristico e poco invasivo. La piccola troupe in alcuni casi si è letteralmente appostata negli angoli del complesso abitativo in attesa di immagini accattivanti e non ho mai avuto la presunzione di esprimere giudizi sulle situazioni riprese, anche rispetto a quelle più crude e violente.

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