"Samsara" di Pan Nalin

"Samsara" non concede nettezza e finale definito, ha un andamento lento, a volte troppo, ci fa perdere tra le vallate e i monti, non dà risposte a chi cerca qualche illuminazione di matrice orientale. La fascinazione è assicurata, ma ci si aspettava di più

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Nel "Siddharta" Herman Hesse ipotizzava di perdere coscienza del corpo e della realtà per approdare alla consapevolezza spirituale. Anche nel notissimo romanzo dello scrittore di "Narciso e Boccadoro" un capitolo si chiama proprio "Samsara", in sanscrito "pellegrinaggio" ma anche "gioco/trasmigrazione" e "mondo in cui viviamo". Se il cinema indiano non ha conosciuto una distribuzione internazionale considerevole ("Moonson Wedding" di Mira Nair, leone d'Oro a Venezia è recentemente tra i film più noti) "Samsara" sembra scoprire nuove dimensioni di questa cinematografia. L'opera è infatti intrisa di religiosità ma anche enigmatica, pur rispettando la tradizione dei film "etnici" dal taglio a tratti documentaristico, ricchi di colori e di fascino. La tavolozza cromatica scelta dal film ci ipnotizza all'istante, che ci trasporta a quasi cinquemila metri d'altezza nella remota regione del Ladakh dove transitano contadini, monaci, eremiti e pastori.
Il discepolo Tashi dopo tre anni di meditazione in una grotta viene ricondotto dai suoi amici monaci lama nel monastero in uno stato di trance da cui a poco a poco si desta avvertendo anche il desiderio sessuale. "Per abbandonare la vita terrena bisogna prima provarla", e allora il nostro protagonista, che nella realtà è un ballerino professionista, sposa Pema, la figlia di un fattore, rubandola al suo promesso e inizia un'esistenza serena di padre di famiglia e contadino. L'adulterio, i dubbi, il rimpianto per la sua vita precedente lo inducono a un ripensamento, ma scoprirà che sua moglie, magnetica e intensa, ha maturato una sensibilità spirituale forse superiore alla sua.

"Samsara" non concede nettezza e finale definito, ha un andamento lento, a volte troppo, ci fa perdere tra le vallate e i monti, non dà risposte a chi cerca qualche illuminazione di matrice orientale. La fascinazione è comunque assicurata, Pan Nalin era dal '93 che cercava di ottenere l'autorizzazione a girare in luoghi tanto impervi, ma forse, dopo tanta fatica, oltre al piacere degli occhi avidi di paesaggi da fiaba e a un paio di mirabili scene di sesso, ci si aspettava comunque di più.

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Titolo originale: Samsara
Regia: Pan Nalin
Sceneggiatura: Tim Baker, Pan Nalin
Fotografia: Rali Ralchev
Montaggio: Isabel Meier
Musica: Dadon, Cyril Morin
Scenografia: Petra Barchi
Costumi: Natasha De Betak
Interpreti: Shawn Ku (Tashi), Christy Chung (Pema), Neelesha Bavora (Sujata), Sherab Sangey (Apo), Jamayang Junpa (Sonam), Tenzin Tashi (Karma), Kelshang Tashi (Jamayang), Tsepak Tsangpo (Chen Tulku)
Produzione: Pandora Filmproduction/Paradis Films
Distribuzione: Fandango
Durata: 138'
Origine: Germania/India, 2001

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