San Damiano, di Gregorio Sassoli e Alejandro Cifuentes

Si avvale di una sincera libertà creativa che è davvero rara, in una stabilità che non si incrina neppure davanti ad un possibile eccesso ed è attraversato da una sorta di purezza.

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OPEN DAY FILMMAKING & POSTPRODUZIONE: 23 maggio

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BORSE DI STUDIO per LAUREATI DAMS e Università similari

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SPECIALIZZAZIONI: la Biennale Professionale della Scuola Sentieri selvaggi

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Gregorio Sassoli e Alejandro Cifuentes, i due registi di San Damiano, svolgevano già lavoro di volontariato con la Comunità di Sant’Egidio in una attività di sostegno delle vite di clochard e dell’altra umanità che gravita attorno alla Stazione Termini di Roma. Hanno quindi deciso di trasferire una parte di questa loro esperienza dentro le immagini del film.
In questo passaggio da un reale al quale partecipavano attivamente ad un racconto per il cinema, che, pur nella sua necessaria frammentazione narrativa, prova a immergere lo spettatore dentro una realtà tanto visibile e lampante da diventare paradossalmente invisibile, Sassoli e Cifuentes si sono fatti accompagnare da Damiano, centrando su di lui l’attenzione. Damiano è un irregolare calabrese, proveniente dall’Ospedale psichiatrico di Breslavia in Polonia. Arrivato a Roma, meta da sempre desiderata, con la speranza di iniziare una nuova vita, si è ritrovato a vivere attorno alla Termini tra relazioni d’amore, amicizie occasionali e una vita pericolosa da provare a scansare. Egli stesso dice di non essere un barbone perché ha una casa. In realtà vive tra le mura Aureliane, in cima ad una torre che però un giorno dovrà abbandonare per avere dato fuoco a ciò che aveva e da lì la detenzione e il ritorno all’Ospedale psichiatrico polacco.

San Damiano non è solo la storia del protagonista e di questa sua forza originaria, primitiva che vive insieme al suo corpo, ma è uno sguardo senza filtri, a volte durissimo e mai compiaciuto, sull’umanità che ruota d’attorno alla Stazione Termini che rappresenta un vero e proprio universo parallelo .
Il film di Sassoli e Cifuentes ci mette davanti ad una verità anche sconcertante e ancora è il cinema, con le sue immagini, a consegnarci parti di verità sul mondo e di una tra le tante inaccessibili e invisibili realtà, scrutando con attenzione e con l’amore necessario quell’umanità con i suoi primi piani ossessivi, sempre segno di una ricerca di profondità, superando perfino ogni barriera che sembra imposta dalla comune sensibilità.

San Damiano sembra non avere limiti, né confini e quelle immagini, reperti di storie viventi, sembra non siano più tabù da rompere o storie personali che debbano essere taciute. Un film che si avvale di una sincera libertà creativa che è davvero rara, in una stabilità che non si incrina neppure davanti ad un possibile eccesso. C’è una sorta di purezza che lo attraversa e c’è una verità che lo ha ispirato. Il disagio alcolico e psicologico di Damiano diventa vitale e così quello degli altri protagonisti del film. Sofia che sogna una vita da donna sposata, Dorota, Costantino e, gli altri appaiono come una nuova forma di convivenza, senza idealizzazioni, senza falsa retorica, ma solo una specie di rimbalzo da ciò che accade nel vero per diventare evento emotivo per lo spettatore. Forse non c’è più nemmeno la ribellione, ma solo l’adattamento ad un mondo parallelo, così invisibile che c’è bisogno del cinema per svelarlo.

 

Regia: Gregorio Sassoli e Alejandro Cifuentes
Distribuzione: Red Sparrow
Durata: 86’
Origine: Italia, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8
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Il voto dei lettori
5 (1 voto)

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