SAN SEBASTIAN 54 – Boorman: double Dublin e la coda della tigre

Il festival spagnolo ha proposto in Concorso "The Tiger's Tail", grande film in sospensione tra l'angoscia del thriller e il sorriso della commedia, salto mortale sul tema del doppio e dell'inganno per un regista che da sempre lavora su personaggi in perdita d'identità e in recupero di verità nella menzogna

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SAN SEBASTIAN – Dublin, double, dubliners…  Il doppio si riversa nell'invisibilità, ma il volto è sembre quello celato di Brendan Gleeson, The General Martin Cahill, che si nascondeva dietro una mano per essere irriconoscibile persino a se stesso… L'Irlanda, patria elettiva di John Boorman e suo set mi(s)tico di trasparenze e fluttuazioni d'identità, torna ancora in questo suo nuovo, bellissimo film, The Tiger's Tail, in Concorso a San Sebastian 54: opera a rischio di incomprensione e invece piccolo capolavoro di distorsione tra realtà e identità, che racchiude in sé tutte le tensioni tipiche di questo regista. Dublino come set della confusione che si offre alla storia di un doppio corpo che duplica se stesso in una gemellare sovrimpressione: come fossimo all'ombra di Mark Twain, Boorman impianta infatti un thriller in forma di commedia in cui il principe dei costruttori di Dublino, Liam O'Leary, al culmine del successo ma anche sul baratro del fallimento, si trova imprevedibilmente a fare i conti con l'ombra del povero che è in lui, celata nel buio di una città nel cui caos si nasconde pur sempre il joyceiano dead

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Liam lo vede davvero, quel suo doppio, sporco e abbrutito dalla miseria: lo insegue come una proiezione di sé in un disgraziato futuro, sin da quando gli si palesa mentre è in macchina, in fila nel traffico cittadino per andare a ritirare quel premio come miglior imprenditore irlandese che ha conquistato con anni di faticoso successo (e in mano Boorman gli metterà non a caso quel Globo di Cristallo alla carriera attribuitogli un po' di anni fa dal Festival di Karlovy Vary…). Dublino è un intreccio di linee e di sguardi, città trasparente e ingombra di corpi asserragliati in se stessi, in una sequenza che cita palesemente l'ingorgo onirico del felliniano 8 ½ , scena filmicamente primaria del disordine interiore espresso nella prigionia/perdita di sé. E infatti Liam è un uomo arrivato che ha dimenticato la formula magica (asa nisi masa) per stare nella realtà e evoca incosciamente lo spettro della propria identità: quel fratello gemello che non sapeva di avere e che ora, incattivito dalla vita, vuole prendergli tutto. E' un fantasma, ma esiste davvero, quel suo doppio: lo perseguita, lo colpisce, gli tende delle trappole, gli sfugge, si intrufola in casa sua, nel suo letto, nel suo ufficio, mentre Liam viene espulso dalla realtà, non riconosciuto né dalla moglie, né dal figlio, né dai suoi uomini… Ricacciato in quell'ombra che non gli è mai appartenuta, non solo allontanato da casa ma addirittura scambiato per l'impostore che cerca di prendere il suo posto e imprigionato al suo posto, spedito in manicomio, annientato…

L'angoscia di un thriller che radicalizza in tema dello scambio di persona in quello della scambio d'identità viene calata nel bagno freddo di una sorprendente commedia che ti trova a sorridere della paura nel momento stesso in cui la evoca, distraendo la tensione nel gioco del doppio corpo che ironizza – pirandellianamente – sul sentimento dell'opposto. Perché The Tiger's Tail (e non "tale" come erroneamente veniva annunciato da qualche parte…) è un film sottile, emblematico di un autore che inizia a trasfigurare la realtà in quello specchio opaco che tutto sovrappone nel suo occhio non più giovane. Nel cinema di John Boorman, del resto, non è certo una novità trovarsi di fronte a personaggi che si disperdono nella confusione della loro identità, alle prese con la natura del loro modo di essere e di vivere, incastrati in avventure che rivelano la verità nella palese flagranza dell'inganno. Boorman è il grande Merlino del cinema contemporaneo, il mago di (zard)oz che fluttua a mezz'aria, Il sarto di Panama che si spaccia per il depositario di segreti che non ha… Solo che, nel suo cinema, l'inganno – la finzione che cela la realtà e finge il naturale ordine delle cose – è uno statuto imprescindibile al sovvertimento di prospettive che poi rivela la verità del mondo. Ogni suo film è un percorso verso una liberazione che deve trovare la strada dell'ombra per vedere la luce, e The Tiger's Tail ne è l'ennesimo esempio: Liam è un falso vincente che ha celato non solo la sua vera identità (una sorella/madre ne detiene la chiave), ma anche la sua metà occulta, il suo risvolto perdente. Ed è significativo che poi Boorman abbia voluto affidare a questo film una parola inquietante sulle due facce della Storia contemporanea dell'umanità, divisa nel parto gemellare del Capitalismo/Comunismo, del ricco e del povero, del vincente e del perdente, laddove l'uno vuole prendere il posto dell'altro. Proprio come Liam e il suo gemello segreto, in lotta nell'abbraccio finale per occupare l'uno lo spazio vitale dell'altro…

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