SanPa: luci e tenebre di San Patrignano, di Cosima Spender

San Patrignano come forma di realismo capitalista in accezione fisheriana, un “gerundio universale” che parla già la lingua di lockdown e post-verità. Su Netflix la docuserie su Vincenzo Muccioli

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Resta il fatto che la verità più scottante, diciamo il motore di produzioni come SanPa, anche se ciò può sembrare eccessivo, mentre non lo è affatto, risiede in un sentimento della storia nazionale. Soltanto avendo compreso che la nostra vicenda esula dal carattere nazionale e propone eccezionalità e singolarità a iosa, si può approdare a un racconto tanto universale e specifico, tanto profondo e sconvolgente. Il mostro di Firenze è ben più di Ted Bundy e Alfredino non ha pari nel pianeta e le BR non sono la RAF o l’esercito simbionese. A ogni narrazione della storia nazionale, quando la storia nazionale stessa sia riguardata con le lenti che permettono di vedere che il fatto accaduto esemplifica ben altro da sé, si approda all’eccezione e al singolare. […] È un gerundio universale, il tempo italiano. – Giuseppe Genna

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Ecco, tra i fiumi di parole che si stanno scrivendo su SanPa dal momento della sua apparizione sul portale di Netflix, è probabile che non in troppissimi si siano soffermati abbastanza su questo che Genna chiama il “gerundio universale” italiano (in un intervento su facebook di cui consiglio vivamente la lettura integrale, qui). Un esempio perfetto è la scheggia di repertorio in cui Red Ronnie scova una fuggiasca di San Patrignano e filma in diretta l’arrivo di Vincenzo Muccioli e della sua truppa di accalappiatori, debitamente avvisati dallo stesso conduttore tv, e l’agitato confronto con la ragazza che ne consegue, fino al quadretto ricomposto che risale in macchina e ritorna in comunità. Un frammento tra i più abissali della mastodontica ricerca d’archivio compiuta dalla squadra di Cosima Spender – se proviamo a fare un salto di qualche decennio, le dirette televisive della scorsa primavera con i droni che puntano i trasgressori del coprifuoco solitari in qualche spiaggia sembrano davvero parlare la stessa lingua, e la storia di San Patrignano essere caratterizzata dalle stesse parole-chiave dell’oggi-sotto-lockdown: la delazione come strumento e show democratico; la colpevolizzazione del singolo come unica politica istituzionale (i tossici a cui far scontare la pena a San Patrignano contro le misteriose vie delle piazze dell’eroina già da fine ’70 – il doc accenna, senza nominarla, alla cosiddetta operazione Bluemoon…); il confinamento forzato ma a fin di bene, per la propria salute (“la vita è la cosa più importante”…). Un esempio di realismo capitalista in accezione fisheriana, in cui non è possibile alcuna alternativa alla rieducazione punitiva se non tramite la via dello sfruttamento e del lavoro, e dove il presente è poco più di un upgrade, di variazione, di versione “aggiornata” e universalizzata di quel Sistema (va detto che sul circolo iniziatico che protegge e “figlia” Muccioli a partire dal Potere nero milanese/italiano, il doc si mostra un po’ ritroso, recuperando poi quando si tratta di raccontare del patto con lo Stato siglato con la legge Jervolino-Vassalli – sul resto sopperisce Marco Giusti qui).

Il “gerundio universale” è d’altronde la specialità del linguaggio di Netflix, la potenza dei suoi format di “non fiction”, dove, lo ripetiamo da tempo, le produzioni della piattaforma vanno operando la reinvenzione più radicale (il modello di SanPa è dichiaratamente Wild Wild Country, una delle vette del catalogo), soprattutto nell’abisso del true crime, e con modalità finora inedite come la formula “docuserie”, serializzazione del racconto d’inchiesta secondo i dettami dello storytelling di genere più spinto, e con la testa dentro il data journalism e il fact checking più forsennato (nel quale siamo infatti inevitabilmente ricaduti un po’ tutti). Non è allora un caso se in Italia arriviamo a padroneggiare tale formula, basata sull’analisi rivelatoria del repertorio incrociato tra ritrovamenti privati e memoria mediatica pubblica, più una quantità puntualmente vertiginosa di interviste, punti di vista, testimonianze e ricordi, attraverso l’apporto in produzione di un fuoriclasse della generazione del web come Gianluca Macchianera Neri.
La forza di prodotti simili è nel riuscire a narrativizzare un canone-base che tutti diamo per scontato sin da quando veniamo messi di fronte al televisore da piccoli (l’intervista a mezzo busto, il montaggio dei frammenti d’archivio, qualche timida ricostruzione. ecc.), e infatti i personaggi più epici dell’epopea di Capodanno 2020 nella nostra bolla sono diventati i Walter Delogu o i Mandingo assurti al rango di figure letterarie di un grande romanzo popolare (o di una tragedia shakespeariana, come hanno segnalato in molti).

Al di là delle posizioni su San Patrignano e Muccioli, sono lavori come questo che ci possono fornire gli strumenti, declinando per l’appunto queste vicende in gerundio, per decifrare le derive della post-verità della nostra epoca, della manipolazione sfacciata e reiterata dei fatti e delle informazioni, e della rimessa in circolo di una nuova forma di realtà user generated (la quale infatti ha già reagito alla serie), che passando da Malcolm X attraverso Ghandi e San Patrignano arriva ai subbugli di Capitol Hill perché, per chiudere sempre con Genna, “l’ispirazione è soltanto una leva per andare laddove non era andato in precedenza nessuno: nell’ambiguità meno mercificabile, nell’italianità che si sussume nel fatto che essa inventa il Senato e duemila anni dopo quell’invenzione Trump si appende al Senato stesso.”

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.9

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.33 (3 voti)
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