Santa Lucia, di Marco Chiappetta

Un esordio essenziale e caloroso tutto inscritto nel corpo di Renato Carpentieri. Non si libera dei problemi delle opere prime ma quando ragiona per immagini sembra il film di un cineasta già maturo

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È prodotto dai Teatri Uniti di Martone, Santa Lucia, l’esordio di Marco Chiappetta ed in effetti, il film pare davvero uno strano riattraversamento dei territori di Nostalgia, se non fosse che Santa Lucia viene da una lavorazione iniziata dieci anni prima. Eppure le linee narrative dei due progetti coincidono a tratti in modo affascinante. Anche Santa Lucia parte in effetti da un ritorno, quello di Roberto, non vedente, da anni emigrato in Argentina, che però è costretto a ricongiungersi con le sue origini napoletane in occasione della morte della madre. Ad aspettarlo c’è Lorenzo, suo fratello, quello che è “rimasto indietro”, musicista fallito, da sempre più o meno consciamente geloso di Roberto, “il figlio preferito” e che sotto sotto lo rimprovera per aver abbandonato lui e la madre in cerca di fortuna. Insieme a lui, Roberto verrà a patti con un segreto che porta nascosto da troppo tempo.

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Ma il debito più evidente di Santa Lucia è prevedibilmente con il teatro. Lo dimostrano i dialoghi sempre in primo piano ma sopratutto il racconto retto solo dalle voci dei due protagonisti: da Renato Carpentieri, sempre in scena, pronto a inscrivere la narrazione nei suoi silenzi, nei suoi accessi d’ira, nelle smorfie con cui prova a “mettere a fuoco” il mondo senza la vista, nella vulnerabilità che emerge dal suo venire a patti con il passato, ma anche da Andrea Renzi, che forse ha bisogno di più tempo per acquisire nel passo del film ma che quando lo fa è una spalla essenziale per Carpentieri stesso.

Eppure Chiappetta è legatissimo al linguaggio cinematografico, a tal punto da maneggiarlo con una scioltezza inusuale per un’esordiente. Santa Lucia si carica in effetti di tensioni, di invenzioni visive tra una Napoli sempre in penombra, i giochi di luce dal sapore astratto che descrivono la cecità di Roberto e certi felici exploit come il piano sequenza in soggettiva nella casa dei protagonisti. Ma più di ogni altra cosa, Chiappetta intuisce il potenziale visionario insito in Roberto, un uomo che “vede” solo tramite i suoi ricordi e che dunque si ritrova a confrontarsi con uno spazio narrativo pronto ad accogliere suggestioni visionarie che lo mantengono in movimento costante. È un film a due velocità, Santa Lucia. A volte cade vittima di certe spigolosità tipiche degli esordi, eccessivamente prigioniero di una sceneggiatura costruita nei minimi dettagli ma al contempo troppo meccanica per far respirare al meglio la sua storia ed i suoi personaggi, a tal punto che il percorso di maturazione onirico del protagonista sembra procedere per tappe obbligate (l’incontro con il sé stesso bambino, la visione dell’infanzia, il confronto con il grande amore). In altre, Chiappetta pare invece un narratore consumato, capace di guardare ai suoi spazi, alla sua storia in modo umanissimo ma senza cancellarne le ambiguità e di gestire un protagonista affascinante proprio perché “difficile”, pessimista, forse egoista, eppure pronto, più di altri, a venire a patti con il suo lato oscuro.

Così, quando Santa Lucia trova una quadra tra le sue tensioni si riscopre racconto caloroso e coinvolgente nel suo minimalismo, attento a seminare i giusti indizi con un ritmo quasi da thriller, tanto per alimentare costantemente il segreto di Roberto quanto per sviare le supposizioni dello spettatore.

Santa Lucia

 

Rimane, certo, l’impressione che i momenti migliori del film siano quelli in cui il banco salta e la regia accetta di accompagnare la scrittura fuori dai binari nei modi più disparati. E allora il racconto si apre a momenti essenziali ma efficacissimi: Lorenzo che provoca Roberto a tirare un calcio di rigore, i due fratelli che, da adulti, si punzecchiano come bambini, oppure l’improvviso, felice intermezzo in cui il fratello “rimasto indietro” suona alla chitarra un pezzo della tradizione napoletana. Sono folgorazioni, aperture su cosa sarebbe potuto essere il film se solo la sceneggiatura avesse avuto lo stesso passo quasi strafottente della regia. Ma è ancora presto, forse. Santa Lucia preferisce accontentarsi del suo minimalismo affettuoso. Ma dopotutto è evidente che tra quei fotogrammi si percepiscano una voce in via di definizione e tutta una serie di tensioni, di linee tematiche che già lasciano intravedere un immaginario tutto da sviluppare.

 

Regia: Marco Chiappetta
Interpreti: Renato Carpentieri, Andrea Renzi, Biancamaria D’Amato, Antonia Marrone, Edoardo Sorgente, Alfredo Ciruzzi
Distribuzione: Double Line
Durata: 76′
Origine: Italia, 2021

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
3.59 (17 voti)
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