Santa Maud, di Rose Glass

Horror d’autore divorato dalla sua stessa presunzione che agisce prima sottotraccia e poi si lancia in appariscenti esibizioni stilistiche sfruttando appena la bravura di Jennifer Ehle. Su Prime Video

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Le nuvole in cielo. Sulla terra c’è la fede in Dio, ossessiva per Maud, una giovane infermiera per cui la religione è tutto. Ha lavorato in un ospedale ma qualcosa non deve essere andato per il verso giusto e così ora si occupa di persone malate presso la loro abitazione. La sua nuova paziente è l’ex-ballerina Amanda, 49 anni, che ha un linfoma allo stadio 4 alla spina dorsale. La ragazza si mette in testa che deve salvare la sua anima, cerca di coinvolgerla nelle sue preghiere e allontanarla da Carol, con cui la donna ha occasionali rapporti sessuali. Dopo essere stata umiliata pubblicamente da Amanda durante la sua festa di compleanno e poi licenziata, Maud entra in crisi e l’incontro con una sua ex-collega di lavoro peggiora ulteriormente il suo stato mentale. In preda ad allucinazioni, cercherà in ogni modo di riavvicinarsi alla sua ex-datrice di lavoro.

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Santa Maud, scritto e diretto da Rose Glass al suo primo lungometraggio presentato al Toronto Film Festival del 2019, fa parte di quegli esibiti horror d’autore che seducono e ingannano tanto è vero che sull’aggregatore Rotten Tomatoes ha avuto il 93% delle recensioni positive oltre ad essere stato premiato, tra gli altri, al London Film Festival, al British Indipendent Film Award e ha ottenuto due nomination ai recenti BAFTA. La cineasta ha l’atteggiamento da prima della classe e l’autocompiacimento è sempre dietro l’angolo. Trasforma Maud in una variazione ancora più inquietante di Beth di La regina degli scacchi cercando di entrare nei suoi pensieri attraverso i primi piani sulla protagonista Morfydd Clark così come faceva la serie creata da Scott Frank con il volto di Anya Taylor-Joy. Ma soprattutto si illude di aver costruito un horror di atmosfere, già dall’ambientazione nella città di mare britannica, e suggerisce gli sviluppi piuttosto che spiegarli. Dei passaggi però, che sono invece più che accennati ma non adeguatamente sviluppati, restano incompiuti come l’altra identità di Maud e il suo passato nel lavoro in ospedale. C’è una scena con la sua collega che si svolge nella sua abitazione. Lei cerca di aiutarla, poi si fa da parte. L’ossessione della protagonista viene sviluppata attraverso dettagli come i libri di Amanda che anticipano le visioni. La Glass si compiace e ammira quello che filma. Le basta anche mostrare Maud dalla fessura di una porta, il suo sguardo su Carol con i soldi in mano, la scena-clou dove viene ridicolizzata da Amanda davanti a tutti i presenti al ricevimento o la camminata con gli spilli dentro le scarpe. E invece approfondisce e poi trascura tutto il potenziale del personaggio di Amanda, grazie alla bravura di Jennifer Ehle. Santa Maud deforma le immagini con ralenti, inquadrature rovesciate o distorte, si spinge nelle zone di un esibito sperimentalismo quando la musica si confonde con i fuochi d’artificio o con gli sguardi addosso di soggettive malate. Tra voci, trucchi, dialoghi con Dio, ali e un finale a effetto, le cadute nel vuoto diventano sempre più numerose. Santa Maud è dichiaratamente un film sul corpo. Ambisce tanto tanto in alto. Si, guarda le nuvole in cielo dove pensa di trovare Bergman di Sussurri e grida combinato con L’esorcista. La perversione e la malattia non toccano però il corpo, ma sono mostrate in modo chirurgico da un film divorato dalla sua presunzione.

 

Titolo originale: Saint Maud
Regia: Rose Glass
Interpreti: Morfydd Clark, Jennifer Ehle, Lily Knight, Lily Frazer, Turlough Convery, Rosie Sansom
Distribuzione: Prime Video
Durata: 84′
Origine: UK, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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