Scattered Night, di Lee Jihyoung e Kim Sol

Un racconto per “quadri” progressivi nei quali raggelare i protagonisti costringendoli dentro l’inquadratura, fa intravedere una precisa idea di cinema. Al FESCAAAL su MyMovies

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È dalla Corea del Sud che arriva Scattered night, in Concorso nella trentesima edizione del Festival milanese. Sono molti i profili interessanti di questa opera d’esordio e saggio di laurea delle due giovanissime registe, che hanno riversato in questa storia esperienze personali e racconti ascoltati sulle situazioni del film.
Semngwon e Yoonhee hanno due figli, Jinho e la piccola Sumin, ma la famiglia è sull’orlo della definitiva separazione. Le conseguenze ricadranno sui due figli e se l’adolescente Jinho saprà meglio metabolizzare la separazione e la prospettiva di vivere con uno dei due genitori, separandosi dalla sorella, lo stesso non accade per Sumin, che non accetta il frantumarsi della famiglia e continua a fare domande su cosa accadrà quando non vivranno più insieme.

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Uno dei motivi di interesse nel racconto delle due registe, che per questo loro lavoro hanno già ottenuto dei riconoscimenti, è quello che appartiene alla struttura narrativa, che non procede secondo una modalità lineare, quanto, invece, per “quadri” successivi nei quali raggelare i protagonisti costringendoli dentro l’inquadratura con pochi movimenti della macchina da presa. Questa scelta imprime una specie di staticità alla scena, che sembra ripetere una sorta di paralisi che impedisce alla coppia, in procinto di separarsi, di prendere decisioni, di assumersi pienamente la responsabilità della loro scelta. Scattared night diviene, in questa forma statica del racconto, ma progressiva narrativamente, un dramma che si sviluppa per capitoletti successivi fatti di dialoghi nei quali i quattro protagonisti della vicenda ridefiniscono alternativamente, tramite le domande e le risposte, la situazione che si trovano a vivere, gli stati d’animo che stanno vivendo o quelli che immaginano quando la separazione sarà avvenuta. Il tono drammatico del film si percepisce soprattutto nella caratterizzazione di Sumin, la piccola e disarmata figlia della coppia. Il suo smarrimento è sincero e la giovanissima Seung-ah Moon, che le dà il volto, sa offrire questo ritratto insicuro nelle conclusioni, ma sicurissimo nelle premesse, che il suo personaggio richiede.

Le due registe puntano molto su questa messa in scena, così meticolosamente ricercata senza mai essere ridondante, che, ben si adatta ad un racconto che non vuole essere pura narrazione di una separazione di coppia, quanto invece, strumento per entrare nella psicologia dei personaggi, ma soprattutto dei due giovanissimi figli della coppia. Per Sumin lo spettro è quello della separazione dal padre, dalla madre e dal fratello in una elaborazione che non trova soluzioni adeguate e che misura, in quegli incontri della famiglia una volta divisa, programmati settimanalmente, il disagio di una mancata convivenza. La paura è quella di essere incapace di colmare quel vuoto che quegli incontri non potranno mai riempire. Sumin dirà ai genitori che non assomiglia a nessuno di loro due e sicuramente in questa incipiente strada verso una ancora fragile autonomia di pensiero e di comportamenti va ricercata quella altrettanto incipiente elaborazione di una crisi familiare che diventa un problema da dipanare, un dramma familiare che impone processi attraverso i quali metabolizzare la separazione, il contatto, abituarsi all’assenza, per poterne uscire indenni. Sumin ha paura di questo e nel mal funzionamento dei meccanismi familiari e perfino genitoriali, in quella alternanza di decisioni che imbarazza la coppia rispetto al destino dei figli, risiede l’autentica frattura dei rapporti che impaurisce entrambi i figli, ma soprattutto la riflessiva Sumin che continua a porre domande ad entrambi i genitori, alla ricerca di quelle rassicurazioni che, invece, non riceve.
Scattered night è dunque un film fatto di una scrittura mai banale, di un suo peso specifico consistente e appare già un’opera matura per le due giovanissime autrici che, per loro dichiarazione, si sono ispirate agli europei fratelli Dardenne, anche sotto il profilo della recitazione degli attori.

Un esordio dunque di spessore, un cinema introspettivo e maturo. Scattered night è un film che possiede una sua personalità, che fa intravedere una precisa idea di cinema che le due giovani cineaste hanno in mente. Le scelte artistiche e l’impianto generale del film, al di là di ogni ragionevole gusto personale, sono dettate da una precisa volontà, da una consapevolezza rispetto all’obiettivo da raggiungere. Ne risulta un film compatto nel quale leggere il disagio e lo smarrimento infantile, ma anche un dramma familiare nel quale intravedere le responsabilità degli adulti, la loro impreparazione nella gestione di questi eventi, un film nel quale si riflette il senso di un abbandono, forse più profondamente che in altri racconti che affidano a toni più accesi questi sentimenti. Si ha l’impressione che le due esordienti autrici utilizzino il cinema per riflettere, per rileggere gli autentici sentimenti infantili, tutti specchiati negli occhi interrogativi della piccola e smarrita Sumin.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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