Scoprire il passato recente. Giulio Ricciarelli parla di Il labirinto del silenzio
Candidato per la Germania come Miglior Film Straniero agli Oscar, il film narra le vicissitudini che hanno portato al processo per i crimini di Auschwitz. Dal 14 gennaio nelle sale con Good Films.
Si è tenuto stamattina alla Casa del Cinema di Roma l’incontro di presentazione di Il labirinto del silenzio di Giulio Ricciarelli, regista nato a Milano ma cresciuto in Germania. Il film ha ottenuto un ottimo riscontro critico e commerciale, oltre ad essere stato scelto come rappresentante del cinema tedesco per la categoria Miglior Film Straniero ai prossimi Oscar. Il film racconta la nascita del processo ai criminali di Auschwitz, in un periodo, quello post guerra, in cui i tedeschi non avevano altre intenzioni che dimenticare. In un clima di omertà e finzione, il giovane procuratore Johann Radmann, interpretato da Alexander Fehling (Bastardi senza gloria), decide di far sentire la sua voce e quella dei testimoni, affinché quel “silenzio” venga distrutto.
Il labirinto del silenzio, uscito in Germania nel 2014, arriverà nelle nostre sale il 14 gennaio, due settimane prima della Giornata della Memoria, e sarà distribuito in circa quaranta sale, a detta di Francesco Mezzi, portavoce della Good Films che si occuperà della distribuzione italiana.
“Il periodo precedente al processo per i crimini di Auschwitz era ed è una storia tutt’oggi sconosciuta in Germania” afferma Ricciarelli, “nessuno sa cosa è successo tra il ’45 e gli inizi degli anni ’60 e come è nato quel processo che ha riscritto la storia tedesca e mondiale“. Una figura che rimane sullo sfondo, ma importante a livello storico, è Fritz Bauer (Gert Voss), procuratore generale del distretto di Francoforte, “il vero artefice, insieme ad alcuni giovani procuratori, di quel processo. A lui non interessava colpire tutti i colpevoli, ma il suo reale obiettivo era quello di educare il popolo tedesco. Ed è grazie a persone come lui che oggi si conoscono i crimini dell’olocausto”.
Accanto a Bauer c’è il protagonista, il giovane procuratore Johann Radmann, “un personaggio di finzione fondamentale per creare quelle libertà che permettono di sviluppare una struttura drammatica classica che possa entusiasmare lo spettatore. La libertà del personaggio di Johann ci ha permesso di essere più precisi e dettagliati anche dal punto di vista storico. Non ci può essere solo storia o solo finzione“.
Molto intenso, infine, è il binomio colpa-responsabilità che dai fautori del nazismo e delle atrocità, passa ai loro figli. “Il mondo ancora oggi guarda la Germania per quello che ha fatto in passato, e per questo dico che i tedeschi del dopoguerra, come quelli di oggi, non sono colpevoli, ma ad ogni modo sono responsabili. Un tedesco deve sempre capire quello che è accaduto. Se la colpa è individuale ed ha un tempo determinato, la responsabilità è comune, continua e dovrà continuare“.