Blog STORY – Scrivere in uno stato di ebbrezza

Scrivere non è cosa facile.

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Chi lo fa per mestiere applica tecniche che quasi involontariamente gli si sono fatte presenti, gli si sono venute incontro.

E chi vorrebbe scrivere e non ci riesce è proprio perché, sfortunatamente, non è stato colto da questa intuizione, da questa malattia ancestrale che rende la scrittura un vizio, una necessità, una dipendenza.

Si scrive così, in uno stato di alterata percezione, come se si nuotasse sott’acqua, perdendo, in qualche modo, il senno, smarrendosi più che trovandosi. Si va controcorrente, mettendo da parte la razionalità, la capacità di gestire il reale. Ci sarà tempo per farsi belli, per dimostrare quanto si è bravi a razionalizzare, ad analizzare, a concettualizzare.

Si sta a scrivere per ore. Per quante ore? Dipende. Ognuno a suo modo. Due, tre… otto… E’ l’ampiezza dei polmoni che entra in gioco, la smania personale, la necessità di avere cose da dire, la voglia di mettersi a nudo, di girovagare senza vestiti per le strade del centro.

Personalmente trovo insopportabili i grafomani. O, almeno, non mi interessano. La scrittura facile porta sempre dietro qualche iattura, qualcosa che non funziona. Manca di sano dolore. Di tutto quanto è scritto io amo solo ciò che uno scrive col sangue. Nietzsche. Sottoscrivo.06

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