Searching, di Aneesh Chaganty

Un feticismo da layout su cui poter impostare un linguaggio nuovo, che supera il found footage, va oltre American Vandal e sostituisce definitivamente lo spettatore con un navigatore in incognito

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In quel lasso di tempo che va da Windows XP a macOS Sierra si consuma una storia di vita quotidiana, fatta di gioie e dolori, improvvise perdite e candeline soffiate anno dopo anno.
Potrebbe essere questa – ridotta al nocciolo – la sinossi di Searching, di Aneesh Chaganty, vincitore del premio del pubblico al Sundence Festival.
Ma a dire la verità l’animo smanettone di questo regista classe ’91 si era già intravisto con Seeds, short film girato con Google Glass che filmava il suo personale ritorno in India, anticipando molte delle tendenze POV che ritorneranno in questo lungometraggio d’esordio. Ed è per questo che raccontare Searching a partire dalla trama non sarebbe abbastanza soddisfacente, nonché quasi fuorviante.

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Perché è chiaro, la riuscita di un film del genere sta per buona parte nella volontà di Changantly di giocare sul voyeurismo da internauta, su quella nomofobia che affligge il mondo moderno e che ci spinge a spiare gli smartphone degli altri quando siamo in metropolitana.

Un feticismo da layout su cui poter impostare un linguaggio nuovo, che supera il found footage, va oltre American Vandal e sostituisce definitivamente lo spettatore con un navigatore in incognito.
Il fil rouge (o forse il cavo ethernet) che tiene collegati allo schermo è la riconoscibilità di certi loghi, è l’esperienza diretta e concreta che abbiamo quotidianamente in qualità di utenti.
Searching allora è un inganno bello e buono! Perché è in questa perdita della distinzione tra spettatore ed account che avviene una ridefinizione dei ruoli in stile Living Theatre, un lento e premeditato stratagemma per rendere

Searchingvulnerabile chi sta guardando. Ed è proprio quando ci si rende conto di essere totalmente persi nel flusso che ha effetto il più classico dei meccanismi catartici. The Brig, la gabbia, diventa allora il bilione di dati in upload, una matrice wachowskiana inversa che ci induce non più a vedere intorno a noi un mondo digitalizzato, bensì costringe lo spettatore analogico a tuffarsi in una rete in cui o si è 1 o si è 0.

L’effetto è riuscitissimo, anche perché per rimanere umani e non vendersi totalmente all’universo cyborg, Searching fa dello schermo l’unico argine allo sdoganamento della violenza esibita, alla perdita della sensibilità. Certo, denuncia gli eccessi dell’informazione ai tempi di Twitter (ed in questo si fa un po’ Broadchurch), ma sceglie di prendere le distanze dalla tv del dolore facendo del desktop una skené 3.0.
Come a dire che siamo YouCast, ma non non ancora Black Mirror – terza stagione. Per fortuna…

 

Regia: Aneesh Chaganty

Interpreti: John Cho, Debra Messing, Joseph Lee,  Michelle La

Distribuzione: Warner Bros Italia

Durata: 101′

Origine: Stati Uniti, 2018

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