Seen It All, il nuovo spot Nike di Spike Lee

A 33 anni da quello sulle Air Jordan, Spike Lee torna a celebrare la Nike per i suoi 50 anni con un corto/spot sublime: la narrazione del brand continua a passare attraverso i codici del suo cinema

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La Nike ha da sempre affidato la ricetta del suo successo alla promozione audiovisiva, alla capacità di raccontare (e raccontarsi) attraverso il potere iconico e immersivo dell’immagine televisiva. E nel farlo ha puntato sul carisma trascinante delle più grandi star mondiali, e insieme sul talento di cineasti che portassero il loro sguardo sull’incredibile star system aziendale, in funzione propriamente spettacolarizzante. Tra i numerosi talenti che di volta in volta si sono fatti carico di questo compito, nessuno ha avuto la capacità di incidere sull’immaginario sportivo-pubblicitario come Spike Lee, tornato adesso a celebrare con il suo incendiario spot Seen It All il 50º anniversario dell’azienda americana.

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I motivi del suo successo sono da individuare non tanto nella propensione all’esaltazione istrionica delle singole star coinvolte, quanto nella capacità del cineasta di ragionare sulla sua estetica, sempre ed esclusivamente attraverso i piani iconografici e figurali dell’immagine. Un processo che in Seen It All è reso evidente su più livelli, nei quali il messaggio principale, cioè quello promozionale, viaggia costantemente su una duplice via autoreferenziale. Partendo dal personaggio di Lola Darling, Mars Blackmon – interpretato qui nuovamente dal regista – Spike Lee ripercorre 50 anni di storia sportiva, sotto il segno della sua poetica. Le numerose star che si avvicendano progressivamente nelle immagini, da Kobe Bryant a Cristiano Ronaldo, da Serena Williams a Michael Jordan, assumono rilevanza proprio perché raccontate con il linguaggio del cinema di Lee. Diventano così i corpi-icona di un orizzonte filmico ben definito, che tra ipermedialità di montaggio e inquadrature sghembe, double dolly shots e vena polemica, esalta le sue regole grammaticali a veicolo unico per la costruzione dei processi divistici, in vista di un racconto storicizzato del celebre marchio/brand.

In Seen It All tutto ruota attorno all’immaginario di Spike Lee, così come all’universo pubblicitario della Nike. Il primo livello autoreferenziale, quello cioè relativo ai codici figurali di Fa’ la cosa giusta o Bamboozled, si interseca con i trascorsi promozionali del regista – ritornano le immagini di Spike Lee e Michael Jordan nel celebre spot delle Air Jordan It’s Gotta Be the Shoes dell’89 – per ragionare sul connubio scarpe-sportivi da sempre al centro delle strategie di marketing dell’azienda americana. E come in tutte le grandi narrazioni (auto)celebrative, Seen It All fa passare la spettacolarizzazione delle “merci” attraverso il processo diacronico, in modo da considerare lo stratosferico successo della Nike sempre in termini di evoluzione dell’immaginario. Secondo cioè un andamento che permetta allo spettatore/consumatore di legittimare l’azienda per la continuità di risultati nel tempo, e alla Nike stessa di diffondere la bontà del proprio progetto anche e soprattutto attraverso l’esaltazione delle sue radici promozionali. E in caso qualcuno si interroghi ancora sui motivi reali del suo successo, ci pensa qui Spike a fugare ogni dubbio. “It’s gotta be da shoes!”.

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