Sei fratelli, di Simone Godano

Quasi la prova di maturità di Groenlandia, un dramma borghese pensoso e corale, che diviene però sempre più rigido e meccanico, quasi avesse paura della verità del suo racconto.


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E se facesse tutto parte di un discorso più ampio? La Groenlandia di Rovere e Sibilia nasce come giocosa scheggia impazzita del nostro cinema, un gruppo di lavoro che ha provato a spingere il nostro immaginario un po’ più in là, facendogli prendere svolte impreviste o avvicinandolo a generi dimenticati, eppure, a tratti, quello spirito anarchico pare voler parlare con quel sistema che avrebbero dovuto sabotare. A tradirlo è forse già la strana impostazione di Supersex, cinefilo, pensoso dramma borghese con l’edonismo anni ’80 lasciato a fare da sfondo. Perché c’è poco da girarci attorno, quel tipo di dramma, di sguardo, è connaturato al nostro cinema, è qualcosa con cui tutti devono confrontarsi per considerarsi adulti. E Sei fratelli pare proprio l’esame di maturità della Groenlandia, un racconto borghese dal taglio corale che inizia quando Manfredi Alicante, seduttore, avventuriero, imprenditore, patriarca di una famiglia sparsa tra l’Italia e la Francia muore ed i suoi figli sono costretti a fare i conti con la loro eredità. Sono cinque, sono figli di madri diverse, hanno avuto con il loro padre un rapporto spesso conflittuale e proprio il giorno dell’apertura del testamento che li lascerà con un pugno di mosche scoprono di avere una sesta sorella, riconosciuta dal padre ma che loro non hanno mai visto. I fratelli saranno chiamati ad appianare le loro divergenze per discutere la gestione della legacy del patriarca, divenendo, anche loro, come il film, adulti.

Ma la maturità che qui pare intravedersi è davvero cercata nel film? È indubbio che Godano (autore anche dello script, insieme a Luca Infascelli) si faccia forte della non convenzionalità della produzione per giocare coi riferimenti. Così è evidente che Sei fratelli guardi più al Muccino di A casa tutti bene, con il suo gruppo di personaggi costretto a parlarsi, a confrontarsi, perché bloccato in un luogo inospitale, che a qualsiasi ritorno a delle atmosfere anche solo lontanamente vicine a sguardi come quello di Visconti o Scola.

Eppure quel cinema è costeggiato ma mai colto appieno. Sei fratelli fa in effetti fatica ad entrare nel cuore del dramma, bloccato da una rigidità di fondo che non fa respirare davvero la storia ed i suoi personaggi, già evidente dall’artificioso monologo che apre il racconto. Il film di Godano non ha mai il coraggio di fare davvero il salto,, di rileggere a suo modo la lezione di quel cinema a cento all’ora tutto fiati, pathos, movimenti di macchina che trattano dialoghi come sparatorie, fino a riscoprirne, magari, quella schiettezza che manca a quell’immaginario.

Piuttosto tergiversa, come a cercare in corsa un modello in cui può trovarsi maggiormente a suo agio. Così d’improvviso Sei fratelli, sottotraccia, smette i panni da family drama pop divenendo un racconto universale, retto da nuove maschere, dal Cinico, dall’Arrivista, dal Fratello Tradito. Ma così il film non può che portare a vivo quella fissità di cui avrebbe dovuto liberarsi, uno spunto che lo script non riesce mai a piegare a suo vantaggio e che pare raccontare l’incapacità del racconto di uscire da certi vicoli ciechi in cui è finito.

Sei fratelli a volte pare voler tornare a respirare ma sono improvvise illuminazioni, rette, tra l’altro, da Gabriel Montesi, che forse è quello che ci crede di più: la cena in trattoria tra lui e Adriano Giannini, il dialogo nel motel con Valentina Bellé. Lentamente, però, è come se lo script non percepisse più il respiro del film, non intuisse il peso di certe linee narrative affascinanti, risolte frettolosamente, spesso usate solo per far montare una tensione mai davvero sentita e lasciata sfogare quasi meccanicamente.

Si fa fatica a trovare un barlume di verità. Forse emerge davvero solo in coda, nella bella sequenza al laser game, probabilmente il momento più sentimentale e sincero del film. Ma è un passaggio che si chiude subito, quasi si fosse spaventati dal modo in cui il racconto appaia nudo, diretto, senza filtri. Ma se fosse proprio questo un passaggio essenziale per definirsi maturi?

 

Regia: Simone Godano
Interpreti: Riccardo Scamarcio, Valentina Bellè, Axel Gallois, Adriano Giannini, Gabriel Montesi, Linda Caridi, Judith El Zein, Imma Villa, Antonella Ponziani, Camilla Barbieri, Gioele Dix, Claire Romain, Louis Emile Galey
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 103′
Origine: Italia, 2024

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.2
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Il voto dei lettori
2.31 (16 voti)

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