Sentieri Selvaggi d’Autunno. Incontro con Valeria Golino
In occasione della consegna del Premio Sentieri Selvaggi alla Miglior Serie TV 23/24, Golino ha parlato de ‘L’arte della gioia’ e ripercorso la sua carriera da regista e attrice

Valeria Golino riceve il Premio per la Miglior Serie Tv Italiana 2023/24 per L’arte della gioia (qui il trailer), che adatta in sei puntate la prima parte del romanzo omonimo di Goliarda Sapienza. Durante l’incontro, l’attrice e regista ha raccontato il lavoro dietro alla serie televisiva e ai suoi due precedenti film e alcuni aneddoti dalla sua carriera recitativa.
Tutto nasce dal famoso romanzo di Sapienza, L’arte della gioia. Golino afferma che negli anni molti produttori hanno comprato i diritti per trarne un film ma non sono mai riusciti a domare la natura originale per tradurla in immagini. Qualche anno fa, allo scadere degli ultimi diritti, la sua produttrice riesce a convincere il tenutario dei diritti dell’opera a concederli a loro a una sola condizione: “se Valeria Golino è coinvolta nella cosa. E quindi la mia produttrice mi ha chiamata e mi ha proposto di essere coinvolta”. In quel momento, la regista veniva concluso il suo secondo film, Euforia, e stava cercando il suo nuovo film. Quindi, ha scelto di dirigere l’adattamento del romanzo. Purtroppo, anche per lei la materia letteraria era di difficile traduzione, era come “una specie di bestia a tre teste disobbediente, che non vuole essere domato”.
Il passaggio dal mezzo cinematografico le è parso il più immediato: dopo mesi di infruttuosi tentativi di riduzione, lavorare su sei ore di minutaggio rispetto alle due del film le sembrava molto più fattibile. Ci hanno messo due anni e mezzo per scrivere la sceneggiatura dei sei episodi, anche se all’inizio gli episodi dovevano essere otto. Inoltre, pur lavorando con gli stili e i tempi della modalità televisiva, Golino ha cercato di introdurre elementi cinematografici anche se infine ha capito quanto i due media siano diversi. Il silenzio, per esempio, se al cinema può essere bello e portatore di significato, in televisione è solo noioso, come si è accorta in sala di montaggio con il suono. Inoltre, ha voluto anche mettere tutte quelle piccole cose superflue, “quelle che secondo me fanno diventare un film bello. Non è il racconto della storia, ma tutto il resto.”
Quando le viene chiesto del personaggio di Modesta, la protagonista della serie televisiva, di come si autorappresenti e sembri utilizzare con consapevolezza il proprio corpo e la propria immagine, Valeria Golino spiega come Modesta sia una donna forte: “è di una grandissima adattabilità. Quindi a seconda di dove si trova e con chi si trova, a seconda dell’interlocutore e delle circostanze, si comporta in maniera diversa. Lei non è una vittima, non è una donna vittima, è una donna che reagisce a tutto quello che le succede. Reagisce, non subisce.”
Quindi ha parlato delle attrici con cui ha lavorato. Riguardo a Jasmine Trinca, che ha diretto da Miele in poi in tutti i suoi lavori di regia, spende parole di fascinazione e immedesimazione: “Jasmine è appunto un’attrice che mi commuove, mi turba, mi spaventa, mi interessa sempre. Con cui ho un rapporto molto speciale. Diciamo che Miele, che è il mio primo film con Jasmine, che avrei voluto o potuto fare io se avessi avuto quindici anni in meno. Quindi in qualche modo le ho dato il ruolo di me. E anche quando è la fidanzata di Ettore, sono tutti ruoli che sono di casa. Che sono miei.”
Sulla protagonista de L’arte della gioia, Golino rivela che per quel ruolo ha sostenuto molti provini, fino a trovare Tecla Insolia. Anche lei, di grande talento. “Pur non essendo nell’immaginario di nessuno fisicamente quello che perfino io pensavo quello che Modesta dovesse essere inizialmente, ha sbaragliato tutte le altre ‘rivali’. Aveva diciott’anni quando abbiamo fatto il film. Ma piccola, proprio. Una ragazzina, ma ha un talento incredibile, è portentosa. Adesso non riuscirei a trovare nessun altro per quel ruolo.”
Invece, la scena più difficile da girare è stata senza dubbio quella riguardante uno stupro: “Era molto delicata. È una scena che abbiamo girato in un giorno e mezzo, ed è stato molto difficile. Perché lì ci sono vari strati di difficoltà, non solo la bellezza della scena, ma la bambina. Che cos’è voyeuristico? Quando si ferma l’eros e diventa voyeuristico. Tutto era così delicato, è la scena che mi ha dato più filo da torcere.”
Valeria Golino ha elogiato tutti i suoi collaboratori: le sue sceneggiatrici storiche Francesca Marciano e Valia Santella, lo scenografo Luca Merlini (capace di mostrare l’opulenza di quei palazzi), il direttore della fotografia Fabio Giachetti con cui è riuscita a lavorare per L’arte della gioia, il montatore storico Giogiò Franchini e tutti i suoi attori. Per lei il film, o il prodotto seriale, è un lavoro collaborativo e quindi “l’importante è attorniarsi di persone che fanno bene quello che fanno.”
Durante l’incontro, la regista ha condiviso qualche aneddoto molto interessante. Per esempio, racconta di quando era piccola e viveva in Grecia, periodo nel quale aveva la madre con il fratello la portava al cinema tre volte a settimana: infatti, lei si definisce “imbevuta di cinema fin dalla mia infanzia!” Così, poteva guardare praticamente qualsiasi film che usciva in sala in lingua originale. Per lei molti di quei film hanno significato molto, anche se a livello conscio non crede di averli mai omaggiati, anche se alla fine “tutto il bello è già stato fatto. Possiamo a questo punto prendere cose e riusarle per quello che ci riguarda oggi. Anche nel rubare, quello che prendiamo non sarà mai quello che era.”
Un altro aneddoto molto simpatico riguarda i bei vecchi tempi di quando recitava nelle produzioni americane dove c’erano questi “set enormi, pieni di cose, di mezzi. Niente che ci possiamo immaginare qui nel nostro cinema.” Ricorda con grande affetto il regista Jim Abrahams, per cui ha recitato in Hot Shots! e il suo sequel Hot Shots! 2: un uomo di una grande eleganza e una squadra affiatata che l’ha subito accolta.
Dulcis in fundo, i ricordi di quando era quasi diventata miss Pretty Woman. All’epoca, quando la Golino aveva iniziato i provini, si trattava di un dramma su una tossicodipendente che a fine film veniva abbandonata dal suo cliente: “Un ruolo drammatico, bello, che io avrei potuto fare benissimo. Io bramavo fare quella roba!” Ma poi, il tutto era passato sotto alla Disney, era diventata una commedia e Julia Roberts in quel ruolo era perfetta.