Sentieri Selvaggi Playlist #10 – In your eyes

La boombox serenade di John Cusack è parte della formazione sentimentale di ogni adolescente anni 80. E In your eyes di Peter Gabriel ne è l’inno pudico, secco e diretto come un colpo al cuore

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In una grigia Seattle di fine anni Ottanta due adolescenti si innamorano l’ultimo giorno di scuola. Non potrebbero essere più diversi: lei, Diane Court, è la migliore studentessa dell’ultimo anno, quella incaricata dell’ambizioso discorso di diploma; lui, Lloyd Dobbler, è l’outisider anticonformista, quello che rifiuta il college e l’esercito e come obiettivo per il futuro ha solo essere il best date per le settimane che separano Diane dalla partenza per l’Inghilterra, dove andrà a studiare.

Cameron Crowe fa tesoro di tutto lo sturm und drang adolescenziale messo a punto nella seconda metà degli anni Ottanta dall’imprescindibile e compianto John Hughes: dietro ogni meraviglioso batticuore, il liceo è solo l’anticamera della vita vera e il suo crudele sistema di caste anticipa le insidie che attanagliano ogni sentimento.

“Brain stays with brain” sentenzia, ricordando le rigide categorie di The Breakfast club, la deliziosa depressa Corey di Lily Taylor, amica del cuore e cantautrice rabbiosa, già rivelatrice dell’immediata ondata grunge. E allora la missione di Lloyd è dire (e fare) qualcosa che sia unico agli occhi di Diane.

La scena la ricordo come fosse ieri. Non è difficile, perché l’immagine di John Cusack, in

gif critica 2 piedi sotto la pioggia, con la maglietta dei Clash, lo sguardo fiero e lo stereo sopra la testa è arrivata anche alle nuove generazioni, anche a quelle che ignorano l’esistenza del film ma che forse l’hanno conosciuta grazie al nostalgico monologo della Emma Stone di Easy A. 

La Boombox Serenade è un momento a se stante, da “best romance in movies” su Pinterest e allo stesso tempo l’emblema del romanticismo ribelle promosso dal film, che nasce con Hughes e si spinge fino al Mottola di Adventureland.

Sottoposta a stressanti pressioni sociali e familiari, Diane lascia Lloyd (come aveva fatto il benestante Andrew McCarthy con Molly Ringawald in Pretty in Pink…) e se lui la prende male “I gave her my heart. She gave me a pen”, Lily Taylor lo invita a reagire, a dire quel qualcosa che faccia la differenza, agendo “da uomo, non da ragazzo, perché il mondo è pieno di ragazzi”.

E Lloyd, che disturba i vicini col volume del suo stereo al limite dell’accettabile, si affida allora alla musica. La canzone, che fa da sfondo anche alla sua prima notte d’amore con Diane, è In your eyes di Peter Gabriel ed è una di quelle canzoni che, come diceva Truffaut, plus sont bȇtes plus sont vraie: “in your eyes I am complete”. Secco e diretto come un colpo al cuore, soprattutto perché la melodia pop appare in quel momento l’unica in grado di esprimere i sentimenti di un teen ager i cui ascolti muovono verso l’energia scomposta del punk rock.

1-embraceRivedendola oggi, la sequenza sorprende per la sua brevità: la vera eredità del film, il momento che tutti ricordano, dura qualche manciata di secondi, giusto il tempo di vedere Diane rigirarsi nel letto, in preda a dubbi e rimorsi; ma è un attimo sufficiente per empatizzare con il cuore palpitante di Lloyd e lasciare immedesimare nel suo sogno distrutto intere generazioni.

Crowe muove in una direzione del tutto imprevista, forse improponibile oggi, verso un minimalismo che sfiora soltanto i sentimenti dei suoi protagonisti, con pudore, come il volume di In your eyes, sfondo necessario, rivelatore dei pensieri, ma mai padrone assoluto della scena.

Una canzone discreta per un amore discreto. Non c’è molto da dire. Come dice Diane a Lloyd, “Listen to this song. It’s a really beautiful song”.


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