Sentimental Value, di Joachim Trier
Una storia di famiglia che passa come un tornado sopra insistite risottolineature di scrittura e diventa una turbinosa, anche violenta storia d’amore corale con attori strepitosi. CANNES78. Concorso

La storia di una famiglia è (anche) racchiusa nella storia di una casa. Cambia nel corso dei decenni, ma prende anche il carattere di chi ci abita o che è passato da lì. Vissuta e disordinata. Pulitissima, spoglia e asettica. Può essere lo spazio per raccontare più generazioni, come ha fatto Robert Zemeckis con Here. Oppure, come Sentimental Value, concentrarsi soprattutto su una famiglia, facendo però riferimento anche alle storie familiari precedenti che l’hanno riguardata.
Gustav Borg (Stellan Skarsgård) rivede le figlie Nora (Renate Reinsve) e Agnes (Inga Ibsdotter Lilleas) dopo molto tempo. A riunirli è il funerale dell’ex-moglie e madre delle ragazze. L’uomo sta per tornare a girare un film dopo quindici anni e propone il ruolo da protagonista a Nora, affermata attrice di teatro, quello di sua madre che è morta suicida. Ma lei rifiuta. Così in occasione di una retrospettiva che gli è stata dedicata, conosce Rachel Kempf (Elle Fanning), una giovane star hollywoodiana colpita dal suo lavoro. A quel punto, quella parte è pronta per lei. In più la lavorazione è prevista proprio nella casa dove Gustav ha abitato con la sua famiglia e questa sua decisione alimenta ancora di più il rapporto conflirruale con le figlie (Nora in particolare) e riporta a galla ricordi dolorosi.
La casa/set di Zemeckis è il modello, il sublime punto di arrivo di Trier nel momento in cui partono le riprese. Here era esemplare nello studio e nella particolareggiata messa a punto dei dettagli da rintracciare nel piano fisso e nella profondità di campo. La casa/set di Sentimental Value mette a sua volta a fuoco le sue ‘voci di dentro’ quelle nascoste appena udibili dai muri con le crepe. i litigi tra Gustav e la moglie sentiti da Nora e Agnes bambine; le sedute della madre, psicoterapeuta, con i suoi pazienti. L’appartamento è già il luogo di un backstage, già annunciato nel gran bell’inizio di film, con Nora che sta per andare in scena ma è presa da una crisi di panico e vuole scappare. Fugge dal palco, torna in camerino, attraversa tutta la parte nascosta dietro il sipario con i tecnici e la troupe che cercano faticosamente di riportarla davanti al pubblico. Qui si vede subito l’energia nervosa che amplia le tematiche (la distanza, il tentativo di riconciliazone) già affrontate in Segreti di famiglia e al tempo stesso affronta uno sfaccettato ritratto femminile sul peso delle attese degli altri in contrasto con i bisogni personali. Nora è comunque il doppio/la reincarnazione di Julie di La persona peggiore del mondo, il film con cui Renate Reinsve è stata premiata al Festival di Cannes come migliore attrice nel 2021.
A livello di scrittura, Trier ha sempre una mano un po’ pesante nella risolottolineatura di una tensione già presente nell’aria e, a volte, caricata oltremisura con dialoghi ‘già sentiti’. Questo metodo serve però anche per caricare il film a molla, che regge alla grande le circa due ore e 15 minuti di durata; entra nella pelle dei suoi protagonisti e tira fuori il meglio dagli attori. Skarsgård, che lavora per la prima volta con Trier, porta sullo schermo un personaggio che per il cinema farebbe di tutto, anche inventarsi inizialmente una scusa per non collaborare più con il suo vecchio direttore della fotografia che lui stesso è andato a cercare quando lo ha visto con le stampelle. Reinsve fa sentire ogni segno del suo passaggio, anche dal rumore dei passi e il suono impetuoso della voce quando entra in scena. Inga Ibsdotter Lilleas mantiene un’illusoria equidistanza ma attraverso i suoi occhi e i suoi gesti c’è tutto il fallimento per tutti i tentativi non riconcilati. La scena in cui legge il copione del padre, tra il giorno e la notte, è tra i momenti più belli e profondi del film. Elle Fanning è quasi una creazione della fantasia, l’intrusa, l’immagine di un film che comunque si deve fare. Senza le implicazioni sentimentali, c’è qualche connessione tra Rachel e Gustav come tra Ingrid Bergman e Roberto Rossellini. L’isola è la casa. Il luogo di partenza è uno squarcio truffautiano, con la fuga in un festival come in La calda amante.
Sentimental Value non (ci) dà tregua, neanche nella feroci battute (auto)ironiche come quella della sedia per il suicidio comprata da Ikea. Le lacrime sono di rabbia, i primi piani affondano ed entrano come nei pensieri. Tra frasi dette e parole che non riescono a uscire dalla bocca. L’aspirazione forse è Ingmar Bergman e mai come stavolta Trier lo ha sfiorato da vicino nella sua Storia di un (post) matrimonio e con una citazione che sembra arrivare da Persona con il volto in primo piano di Gustav che poi diventa quelo di Nora e poi di Agnes. Personal Value è un cinema che (ti) disturba e (ti) travolge, un vortice emotivo inarrestabile. Per questo è una turbinosa, anche violenta storia d’amore corale. Tra sorelle. Tra padre e figlie. Di quelle che non si dimenticano facilmente.