Sentinelle sud, di Mathieu Gérault

Il film, che prova a sondare l’insondabilità del vivere da reduci, avrebbe avuto bisogno di meno spunti riesce comunque a conservare la potenza di un messaggio immortale.

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“La cosa più difficile è tornare”.
Chiedete a Christian Lafayette, sopravvissuto per miracolo all’Afghanistan; domandate al tenente Dan Taylor, che in Vietnam ha perduto le gambe. Interrogate il cecchino Chris Kyle e l’ex marine Travis Bickle, che in guerra hanno smarrito se stessi.
Vi risponderanno all’unisono: “la cosa più difficile è tornare”.

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Che significa tornare a casa? Sopravvivere e dimenticare – o morire nel tentativo? Sentinelle sud non pretende di trovare una risposta, ma fa dell’interrogativo una personale lente di ingrandimento con cui osservare la vita del soldato semplice Lafayette (Niels Schneider), tornato in patria dopo essere scampato a un’imboscata. Mathieu Gérault ci accompagna nel processo di reinserimento sociale del militare, ritraendone l’ordine maniacale che guida il suo approccio al lavoro da commesso in un supermercato, fotografando incontri e relazioni con gli ex commilitoni Mounir (Sofian Khammes) e Henri (Thomas Daloz) e rivelando – a piccole dosi – ricordi, reminiscenze dell’orrore di guerra che sembrano costringerlo a imboccare strade pericolose.

La seconda regia di Gérault è probabilmente meno metodica del suo protagonista. Sentinelle sud getta sul fuoco le carni della droga, dello spaccio e della rapina, illusorie panacee di un’esistenza deprecabile; tratta di recupero, di “matti”, figli della guerra e delle sue assurdità. Parla di madri e padri assenti (o surrogati), di famiglie affidatarie, orfani e cameratismo; arrivando infine a svelare le carte di un senso di fratellanza nazionale costruito sulla fragile coesione di etnie differenti, separate dalla sensazione latente di una gerarchia – razzista – tra francesi veri e “finti”. Un conglomerato tematico variopinto, che pur congiunto da un filo unico, risulta a tratti disordinato in una messa in scena che tende a disperdere parte delle energie narrative.

Avrebbe forse giovato di un minor numero di spunti Sentinelle sud. Ma la pellicola transalpina riesce comunque a conservare la potenza di un messaggio immortale, in grado di sondare l’insondabilità del vivere da reduci. Il mondo disegnato da Gérault è una terra alla Sicario, dove “per vincere una battaglia devi infrangere le leggi”; un mondo che non concede spazio agli idealismi e seppellisce infanzia e nostalgia – lo zainetto di Cars. Una landa desolata in cui i Christian, Mounir ed Henri di ogni epoca e conflitto si muovono alla stregua di personaggi calviniani: soldati inesistenti o dimezzati, abitatori di vite invisibili, ricercatori di “chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno”. Che sia un bacio, il volo di un aquilone o un panorama agreste; perché “il cuore ha bisogno di speranza”.

 

Titolo originale: id.
Regia: Mathieu Gérault
Interpreti: Niels Schneider, Sofian Khammes, India Hair, Denis Lavant, Thomas Daloz, David Ayala
Distribuzione: Lab80 Film
Durata: 97′
Origine: Francia, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
2.5 (2 voti)
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