SERIE TV – "Justified", di Graham Yost

Justified

L'ideatore Graham Yost non solo è andato a scomodare come fonte primaria Elmore Leonard ma ha saputo anche mettere in scena uno spirito generale che, pur ambientato nei giorni nostri, conserva inalterato sia il sapore del canone classico (Ford, Hawks) sia le suggestioni del cinema di Peckinpah o Penn. La 3° serie è in programmazione ogni martedi su AXN.

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L’ultimo cowboy. E’ questa l’impressione principale che si ha quando ci si ritrova davanti allo sceriffo Raylan Givens, U.S. Marshall d’altri tempi costretto a tornare nella natia contea Harlan, Kentucky dell'Est, per alcuni problemi disciplinari. Ad amplificare questa aurea di eroe antico, di cavaliere libero e selvaggio, non contribuiscono solo il suo abbigliamento, l’insostituibile Stetson a falda larga in testa o la Colt “sempre carica” alla fondina, ma soprattutto i suoi atteggiamenti fuori tempo, il suo porsi (e immaginarsi) come un mitico tutore dell’ordine spinto, spesso da pregiudizi personali o dal suo istinto rabbioso, a mantenere sempre e comunque la Giustizia. Sia chiaro, Givens non è né un mitomane, né un fanatico. Raylan, invece, è una contraddizione storica umanizzata, uno “sbirro” i cui metodi e ideali, e la sua adesione all’uso della violenza giustificata (da qui il titolo del serial) sono incomprensibili nel mondo attuale. Per questi motivi, dalla più moderna Florida, viene rispedito al mittente, in un mondo arcaico dove, pur controvoglia, lo sceriffo ritroverà l’ambiente naturale dove agire. Harlan, infatti, è un luogo di frontiera, dove ai ladri di bestiame e ai banditi, si sono sostituiti spacciatori di metanfetamine e la Dixie mafia. Solo qui, a casa sua, Raylan ha una ragione di esistere e compiere davvero il suo dovere.

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Sappiamo bene che l'etichetta "western contemporaneo" è quanto mai inflazionata, attribuita oggi a qualsiasi cosa presenti almeno due personaggi con la pistola e con un conflitto tra di loro. In questo caso particolare, però, la consideriamo la definizione giusta da utilizzare. L'ideatore Graham Yost (già sceneggiatore di Speed e Nome in codice: Broken Arrow), infatti, non solo è andato a scomodare come fonte primaria Elmore Leonard (uno che dopo aver scritto Quel treno per Yuma e Hombre, possiamo definire esperto del genere), ma ha saputo anche mettere in scena uno spirito generale che, pur ambientato nei giorni nostri, conserva inalterato sia il sapore del canone classico (Ford, Hawks) sia le suggestioni del cinema di Sam Peckinpah o Arthur Penn. Il merito di questa vittoria è da attribuire anche al suo fantastico protagonista, un pistolero degno del Grinta di John Wayne o dello sceriffo Will Kane di Gary Cooper (per non citare Clint Eastwood), splendidamente interpretato da Timothy Olyphant.

Attore sottovalutato (era il villain del quarto capitolo di Die Hard), Olyphant sa bene di avere a che fare con un ruolo che vale una carriera e, quindi, da tutto se stesso per mostrare l'idealismo e la frustrazione di un "incompreso", tornato nella sua tanto detestata patria a confrontarsi con i fantasmi del passato, un’ex moglie che continua ad amare, un padre delinquente che odia (ricambiato), e vecchi, cari, nemici pronti ad aspettarlo dall'altra parte della barricata. Fondamentale è poi il suo rapporto di amore-odio con Boyd Crowder (Walton Goggins, visto recentemente in Django Unchained), ex amico diventato uno spietato boss criminale, sempre pronto a ricordargli, solo con la sua presenza, quello che sarebbe potuto diventare.

 

Come due moderni Pat Garrett e Billy The Kid, i due saranno costretti a confrontarsi continuamente, legati indissolubilmente a una catena che li porterà entrambi alla rovina. Justified, dunque, è l’ultimo ruggito di un certo cinema vecchio stampo fatto di eroi, capace di portare sul piccolo schermo, dopo tanti, ottimi, Romanzi Criminali, Sopranos e Boardwalk empire, finalmente un puro e duro uomo della legge, con tutto il carisma che merita.

 

 

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