"Sesso e filosofia", di Mohsen Makhmalbaf

Tutto nel film è allusione, evocazione, simbolo, dal singolo movimento di danza alle parole pronunciate dagli attori, dalla scelta di una soggettiva o di un campo medio, dall'immobilità dei corpi al movimento interno delle figure all'interno dell'inquadratura.

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Partiamo da una scena del film. È una ripresa dall'alto (da una gru) di un uomo e una donna che camminano, protetti da un ombrello rosso, lungo le strade periferiche e fangose di una città. La gru, mobile, accompagna l'incedere della coppia fino al momento in cui, svoltata una curva, i due si separano, la donna torna indietro e l'uomo prosegue fino al limite dell'inquadratura per poi fermarsi e bruscamente tornare indietro a sua volta, restituire l'ombrello alla donna e, finalmente, incamminarsi per la sua strada. È un'inquadratura enigmatica, bellissima anche per le incertezze dei movimenti di macchina, delicatissimi per lo spostamento della grossa gru lungo la strada non asfaltata e fangosa di una città del Tagikistan dove è ambientato il film di Makhmalbaf. Eppure è un'inquadratura che sembra distaccarsi dalla cifra stilistica del film, proprio perché aerea, incerta, tremolante. Aggettivi che mal si adattano alla messa in scena dell'ultimo film di Makhmalbaf, al contrario ossessionato dalla ricerca della precisione dei simboli e dei movimenti, dall'equilibrio nell'astrazione dei corpi e delle parole. Sesso e filosofia (titolo fuorviante per una sensibilità mediterranea, per cui il sesso è solo in ultima istanza simbolo e la filosofia è solo in origine opinione personale) è in fondo una piccola riflessione sotto forma di messa in scena cinematografica. La struttura narrativa – un uomo, giunto al suo cinquantesimo compleanno decide di invitare tutte insieme le sue quattro amanti e, riunitele nella sua scuola di danza, inizia con loro una serie di duetti di parole e movimenti, immagini e gesti tesi a ricostruire le quattro storie d'amore e a dire addio a ciascuna di esse – è solo un'ossatura che permette al regista di sperimentare la propria vocazione per un cinema fatto di colori e forme in movimento all'interno di un'atmosfera umida e fangosa come quella della città post-sovietica dove si svolge il film. Il contrasto stridente è alla fine, però eccessivamente tale.

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Forse proprio per la particolarità del luogo o per l'intimità del tema, ciò che in questo film si differenzia profondamente dal cinema di Makhmalbaf è proprio la sensazione (che qui manca) che ci si ritrovi di fronte a qualcosa al tempo stesso molto controllato e molto libero (per quanto Sesso e filosofia lo possa ricordare in linea generale, siamo lontani dal gioco al massacro di Salam cinema, o dalla libera danza dei colori di Gabbeh o, ancora, dall'erranza del suono de Il silenzio). Tutto in Sesso e Filosofia è allusione, evocazione, simbolo, dal singolo movimento di danza alle parole pronunciate dagli attori, dalla scelta di una soggettiva o di un campo medio, dall'immobilità dei corpi al movimento interno delle figure (e dei colori) all'interno dell'inquadratura. Proprio per questo, la messa in scena del simbolo copre la libertà dei corpi, l'immediatezza dei gesti e dei movimenti di macchina. Pur presentandosi come una sorta di riflessione intima, minimale, Sesso e filosofia si rivela  invece come riflessione totale onnicomprensiva, finendo per assolutizzare quei gesti e quei movimenti, quelle parole e quei sorrisi. Le tracce mobili del cinema di Makhmalbaf (che ancora esplodevano nelle inquadrature aeree e negli sguardi diretti contro il sole di Viaggio a Kandahar, qui sembrano irrigidite in una sorta di microcosmo chiuso in se stesso, sterilizzato e solo in alcuni momenti (la sopracitata ripresa dall'alto, alcuni movimenti di danza…) capace ancora di scartare rispetto alla chiusura del simbolico. Rimane forse allora la sensazione che il film sia una sorta di abbandono del gioco crudele della regia (che attraversa sottile tutto il cinema di Makhmalbaf), a favore di una riflessione più malinconica e postuma, forse foriera di nuove immagini, di nuovi percorsi nella carriera di uno dei registi più affascinanti del nuovo cinema iraniano.

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Titolo Originale: Sex & Philosophy


Regia: Mohsen Makhmalbaf


Interpreti: Dalir Nazarov, Marian Gaibova, Farzova Beknazarova, Tahmineh Ebrahiova


Distribuzione: BIM


Durata: 102'


Origine: Francia/Iran/Tagikistan, 2005

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