“Shadowhunters – Città di ossa”, di Harald Zwart

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In un percorso di formazione che ha il sapore di un romanzo cavalleresco,
la Clary di Lily Collins vede sfaldarsi l’equilibrio dell’universo fino ad allora conosciuto. Zwart dà vita ad una struttura piena di zone oscure e vie di fuga, che diventa una vera e propria riflessione sulla necessità del Cinema di tornare su stesso

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shadowhuntersContaminazioni di fantasy, horror e melodramma, in un mondo, quello delle Ombre, popolato da creature per metà uomini e per metà angeli, da demoni, stregoni, licantropi e vampiri e dove si combattono battaglie ancestrali tra il bene e il male. Con il primo capitolo di Shadowhunters, la fortunata saga young adult nata dalla penna di Cassandra Clare, l’industria hollywoodiana scommette ancora una volta su quel fenomeno letterario-cinematografico che, nell’ultimo decennio, ha scolpito le nuove geografie dell’immaginario adolescenziale (e non solo) e affida nelle mani del norvegese Harald Zwart l’universo in bilico di Shadowhunters – Città di ossa

In un percorso di formazione che ha il sapore di un romanzo cavalleresco dall’ambientazione urbana, con le gesta di “eroi” impavidi, gli Shadowhunters, votati fino alla morte alla difesa del bene e di un’umanità, i mondani, ignara delle forze demoniache che mettono quotidianamente a repentaglio la sua esistenza,
la Clary di Lily Collins vede sfaldarsi l’equilibrio dell’universo fino ad allora conosciuto e, mentre è sospesa tra due mondi paralleli, senza sapere ancora a quali dei due appartiene veramente, deve imparare a leggere gli strani segni che la circondano e a discendere in quei territori dell’anima coperti da spesse ombre, alla pericolosa ricerca della propria identità. E’ proprio in questa deterritorializzazione tanto improvvisa, quanto violenta dell’identità, che segna l’epoca del passaggio e della maturazione, con tutta la confusione spaventosa ed eccitante che si porta dietro, che Shadowhunters – Città di ossa, con il suo triangolo amoroso e le intermittenze del cuore dei suoi protagonisti (non solo Clary, ma anche il suo amico e silenzioso spasimante Simon e l’affascinate Jace), disegna una potente geografia delle passioni, dove il destino gioca strani scherzi all’amore e dove a duro prezzo s’impara che sofferenza e piacere sono due termini inscindibili.

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Sprofondando il film in una cupezza che sembra voler richiamare il magnifico Aiuto vampiro, pur senza tentare il lucido ribaltamento che Paul Weitz ha operato sul genere, Harald Zwart non è interessato a confrontarsi con la complessa mitologia del romanzo. Piuttosto preferisce dar vita ad una struttura volutamente sfilacciata e aperta, piena di zone oscure e vie di fuga, che diventa una vera e propria riflessione, come già in Karate Kid – La leggenda continua o ne La pantera rosa 2, sulla necessità del Cinema di tornare su stesso. Con le sue "creature" e il suo mondo sotterraneo, Shadowhunters rimanda 
volutamente alle immagini che il cinema delle saghe di Twilight o Harry Potter, di Aiuto Vampiro o Beautiful Creatures è andato creando nell’ultimo decennio. Ecco allora che, pur facendone il motore narrativo del film, Zwart non mette la sua protagonista al centro dell’azione. Non appena varca la soglia del Mondo delle Ombre (il mondo del Cinema?), Clary assume per buona parte del film una posizione di spettatrice per poi, solo alla fine, prendere coscienza del proprio ruolo. Come se per ri-trovare un’identità che è diventata solo un effetto ottico e per rispondere a quell’interrogativo sul concetto di paternità che Zwart non smette di rilanciare, fosse prima necessario assorbire fino in fondo l’immaginario creato dal Cinema.
 
 
 
Titolo originale: The Mortal Instruments – City of Bones
Regia: Harald Zwart
Interpreti: Lily Collins, Jamie Campbell, Kevin Zeger, Jonathan Rhys Meyer, Lena Headey, Robert Sheehan
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 129’
Origine: Usa, 2013
 
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