ShorTS International Film Festival: a spasso per il mondo

La manifestazione, suddivisa in diverse sezioni, ha dimostrato di saper guardare al talento di ogni dove, mescolando tematiche attuali a riflessioni di portata universale

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Lo ShorTS International Film Festival è tornato. Nella consueta cornice della città di Trieste abbiamo avuto modo di osservare numerosi cortometraggi, suddivisi in altrettanto variegate sezioni competitive. Nel segno della diversità e di quella complementarietà di cui la manifestazione si è sempre fatta interprete.

All’interno di ShortTS Express grande rilevanza ha avuto per esempio il tema delle radici e dell’identità. Pensiamo ad esempio a 6 minutes/km, di Catherine Boivin e alle corse mattutine in split screen della sua protagonista, immersa nella nebbia di una strada senza fine, a ripercorrere, tra realtà e fantasia, le orme dei suoi antenati – evocati dall’ambiente della foresta e tramite mescolanza di linguaggi cinematografici complementari. Così come, sulla stessa linea d’onda, ritroviamo Écouter la mer di Jules Ronfard – un viaggio in bianco e nero tra ricordi sensoriali che emergono su un molo della Normandia – e El naciente di David Pantaleón, racconto del viaggio di un ricercatore appassionato che nel confronto con la natura e specifici non luoghi (la grotta) trova la strada per il suo io interiore, per una esplorazione temporale che gioca nuovamente con i concetti di memoria e percezione di sè.

C’è poi stato spazio per il Balcony cacophony di Quentin Haberham, descrizione animata della “guerra tra vicini” che diviene metafora del valore della diversità, musicando unioni impreviste e imprevedibili. E per le “impronte” con cui Mostafa Alami, nel suo Radepa, si chiede e ci chiede, su sfondo bellico, quale sia la strada che l’umanità ha deciso di percorrere – purtroppo lontana, nella maggior parte dei casi, dai colori con cui Michael Morskov e Antonio Reoli, e il loro Shemtkhvevit, narrano il girovagare randomico di quella che assomiglia a una generazione nuova, fatta di improbabili, ma necessarie connessioni. In movimento perpetuo.


Nuove generazioni e valore della memoria sono tornate di prepotenza anche in Italia in ShorTS, in particolare in My mum used to call me sister di Sonia Marin, nel quale la fotografa ripercorre stanze e oggetti della madre e della nonna, attraversando questi simulacri sostenuta da una vibrante tensione femminista che funge da ponte nel tempo e nella storia.

Ma la sezione si è caratterizzata ancora una volta per la grande varietà di offerta e temi trattati. Come dimostrano Questa disperazione di Piero, di Mattia biondi, dialogo intimo su amore e umanità su placido sfondo naturalistico, e Una storia d’azione italiana, con cui Tommaso Gorani allestisce un adrenalinico preambolo su quattro ruote di una storia che, in realtà, non avrà mai davvero inizio. Giocando sui cliché di genere e divertendosi “all’americana”.

Un’esplosione di mondi animati è stata invece quella offerta da Shorter Kids’n’Teens, nella cui sezione vogliamo ricordare Lizzie and the sea di Mariacarla Norall, La notte di Martina Generali, Simone Pratola e Francesca Sofia Rosso, Nube di Diego Alonso Sánchez de la Barquera Estrada e Christian Arredondo Narvaez e infine Va-t’en, Alfred! di Célia Tisserant e Arnaud Demuynck. I primi due fortemente legati alla dimensione onirica e alle paure con le quali i rispettivi protagonisti sono chiamati a confrontarsi – tra sogno, incubo e variegate tavolozze di colori. I secondi volti invece a indagare la tematica della solitudine e del confronto con l’altro, o con il mondo che ci circonda. Sospesi nel cielo in attesa di dissolversi o dispersi sulla terra in cerca di una nuova casa.

Di rilievo anche i lavori che sono andati a comporre la sezione Eco-ShorTS, della quale teniamo a nominare Waldeinsamkeit di Silvana Roth – nel quale la tematica ambientale emerge tra il grigiume di una città soffocata dalle fabbriche e la sola speranza di salvezza risiede in un “abbandono” delle proprie calzature per un simbolico ricongiungimento al mondo naturale – e Glenn, the great Nature Lover di Anna Erlandsson, che, di contro, sembra abbozzare una comunione tra uomo e ambiente, presto però tradita dall’egoismo del primo – tradotto in una prigione visivo-sensoriale che separa definitivamente due realtà inconciliabili.

Infine, com’è noto, grande spazio ha avuto come di consueto la rassegna Maremetraggio, che di anno in anno continua a portare su grande schermo opere brevi provenienti da ogni parte del mondo. Tra i corti che abbiamo avuto occasione di vedere vogliamo citare How to Skin a Cheetah di Meghan O’Shaughnessy e Basri & Salma dalam Komedi yang Terus Berputar del cineasta Khozy Rizal – entrambe riflessioni sulla genitorialità e sul valore dell’educazione calate in contesti e turbolenze differenti. Nonché il racconto estivo e omaggio al cinema El loro di Sofìa Krasnopolsky e il Good Boy di Tom Stuart, racconto per certi versi surreale di un tentativo di rapina, che si muove tra atmosfere heist ed evenienze assurde.

Per uno ShorTS International Film Festival che, ancora una volta, ha dimostrato di saper guardare al talento di ogni dove, mescolando tematiche attuali a riflessioni di portata universale.

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