ShorTS International Film Festival: crocevia di narrazioni
Giunto alla 26esima edizione, il festival triestino continua a farsi portavoce privilegiato di tensioni e riflessioni politiche, intime e profondamente umane

Lo ShorTS International Film Festival, giunto ormai alla sua 26esima edizione, si è confermato ancora una volta come uno dei crocevia fondamentali per il cortometraggio contemporaneo. Nella consueta cornice della città di Trieste, la manifestazione ha infatti offerto uno sguardo sfaccettato e in continuo movimento sulla produzione breve internazionale. Una celebrazione della diversità formale e tematica, dove i linguaggi si intrecciano e si contaminano, accogliendo narrazioni intime, sperimentazioni visive e riflessioni politiche, senza mai rinunciare a quell’energia pulsante che rende il corto un laboratorio in perenne mutazione.
La sezione Eco-ShorTS ha saputo ad esempio intrecciare visioni molteplici sul rapporto tra uomo e ambiente, spingendosi oltre la semplice denuncia per sondare un sentire più intimo e arcaico. Translocations di Nick Jordan, tra immagini evocative, silenzio e composizioni di “nature vive”, osserva lo sfagno e la rinascita di una torbiera come metafora di reciprocità e interdipendenza; mentre Silent Panorama di Nicolas Piret costruisce un cinghiale animato in fuga su un unico foglio di carta, rivelando la fragile linea che separa e unisce spazio umano e spazio naturale. Così DARU/N di Benjamin Hindrichs segue la guaritrice Lucila tra preghiere e incendi, evocando un canto di resistenza e sopravvivenza che mescola memoria personale e battaglia collettiva; mentre Ultin Restât di Massimiliano Milič accompagna Christian nel ritorno al suo mulino, dove il mestiere di mugnaio — all’interno di un mondo di ingranaggi dove natura e industria condividono però armoniosamente lo spazio dell’inquadratura — diventa l’ultimo baluardo di un’eredità artigianale ormai prossima all’estinzione.
In chiave più simbolica e perturbante, quasi orrorifica, Tri ticice di Zarja Menart guida una ragazza in un viaggio interiore scortato da tre uccelli, tra ombre e speranze che germogliano inaspettate in un mondo allo stremo. E a chiudere il cerchio è Hilda Ha. Võrgust väljas di Eva Kübar: non un inno ecologista urlato, ma un racconto silenzioso e radicale di una donna che sceglie di vivere isolata nella natura, lontana dal consumismo e dalle ansie collettive, in un gesto di cura intima verso se stessa e la propria bambina.
La sezione ShorTS Express si è invece confermata laboratorio d’avanguardia, in cui il linguaggio cinematografico si piega e si trasforma per interrogare la relazione tra contenuto e supporto. Un invito a ripensare il modo stesso di guardare, anche e soprattutto attraverso dispositivi che ormai ci accompagnano quotidianamente. Booza di Georges Saade e Joelle Habib mette al centro un personaggio intrappolato, impotente di fronte a un phon acceso che scioglie un gelato, mentre la camera ruota senza tregua, evocando la vertigine di un pianeta fuori asse, girato in piano sequenza in un’esperienza visiva che sfida ogni stabilità. In Lots of love di Ella Kohn, una poesia visiva in lingua yiddish, paesaggi del Sud-Est Asiatico si susseguono come diapositive, in un ritmo che ricorda un videoclip o un frammento pubblicitario, oscillando tra confessione e sogno, nostalgia e illusione. Mentre The diary di Khmara Maksym racconta di un uomo in viaggio in mare aperto che tenta di racchiudere la propria vita in un diario; il formato verticale, vicino a un reel di TikTok o Instagram, trasmette un senso di urgenza e frammentazione: non c’è tempo per sostare, né spazio per la profondità, tutto scorre veloce e si dissolve.
Toni ancor più crepuscolari hanno contraddistinto la sezione Italia in ShorTS, composta da immagini che si fanno specchio di un’umanità stanca, intrappolata in un presente senza luce e un futuro che sembra ormai solo un’eco. Ne sono un esempio Sole spento tutto ok di Luca Sorgato e Premise di Ambra Garlaschelli e Roberto Grasso. Il primo è un cortometraggio in cui un uomo costretto a vivere lontano dal sole si rifugia in un mondo di ombra e rumore visivo, accompagnato da un voice over disturbato che sembra sbriciolare ogni certezza; il secondo è un esperimento animato che mette in scena un’umanità condannata a ripetersi in un ciclo di scontri e distruzioni, dove ogni incontro è già uno scontro e un voice over amplifica la sensazione di un loop inarrestabile. Senza dimenticare Nuovo ordine di Alexander Frizzera che, girato tra le architetture dell’EUR in un bianco e nero fatto di simmetrie, ragiona sul rapporto tra ordine e libertà e sul ruolo degli artisti nel futuro.
Impossibile poi non menzionare Maremetraggio, sezione che quest’anno sembra aver scelto di combattere un nemico tanto invisibile quanto tenace: la stupidità umana, attraverso storie che mettono in scena confini e conflitti senza senso. I primi protagonisti di Vsemir – Il confine nel cimitero di Miren di Lea Vučko e Damir Grbanović, fotografia di un cimitero diviso nel 1947 dalla nuova linea di confine tra Italia e Jugoslavia che diventa simbolo estremo dell’illogicità delle barriere umane (una linea che taglia non solo i territori, ma anche le tombe, separando persino i morti); i secondi raccontati dalla sinfonia per immagini di Blitzmusik di Martin Amiot, dove, in mezzo alla polvere e tra le macerie, esplode un desiderio di altri suoni, di altre possibilità di incontro, che culmina in una risata liberatoria: un momento di disobbedienza fragile e potente, in cui la musica diventa gesto di sopravvivenza e di rivolta contro l’assurdità del conflitto.
Così come ci sembra doveroso citare almeno uno dei corti proposti nella sezione Focus-Libano, che quest’anno ha offerto sguardi intimi e delicati su un paese spesso raccontato solo attraverso il conflitto. Adam di Yara El Haj è invece un viaggio silenzioso e luminoso dentro la meraviglia fugace dell’infanzia, un coming of age atipico, immerso in atmosfere agresti e attraversato da un montaggio semplice ma essenziale, capace di trasformare ogni gesto in un piccolo rito. Un’ode visiva all’infanzia come tempo sospeso, soglia fragile e oasi di serenità irripetibile. Insomma, lo ShorTS International Film Festival si conferma ancora una volta un caleidoscopio prezioso di voci, visioni e urgenze. Un laboratorio che non ha paura di sporcarsi le mani con il presente, di interrogarsi sul senso del confine, del progresso, della memoria. E che, pur raccontando un’umanità spesso smarrita o in rovina, trova sempre un varco di luce da cui ripartire.