ShorTS International Film Festival: incontro con Carlotta Gamba

L’attrice italiana, classe 1997, ha tenuto una masterclass per raccontare della sua giovane carriera in rampa di lancio. Il festival le ha dedicato lo speciale Premio Prospettiva di questa edizione

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“Mi chiedono molto spesso quando io mi sia domandata o quando ho capito di voler diventare un’attrice. In realtà, queste passioni come la danza, la musica, la recitazione mi hanno sempre accompagnata. Quindi ho provato ad entrare in accademia a 19 anni, ma in quel momento non mi hanno fatto entrare. Me la sono legata al dito e mi sono detta che no, io dovevo entrare in accademia per studiare recitazione. E quindi questo mi ha dato ancora più forza, forse allora ero più di adesso, perché appunto non avevo niente e dovevo conquistarmi ancora tutto. Tutto era possibile. L’anno dopo sono tornata e sono stata presa. Ho studiato tre anni e alla fine di quei tre anni sono riuscita ad entrare in un’agenzia e il primo provino è stato proprio quello per America Latina.

È iniziata così la Masterclass di Carlotta Gamba, attrice italiana classe 1997 che ieri pomeriggio, al teatro Miela di Trieste, ha ricevuto lo speciale Premio Prospettiva dedicatole dallo ShorTS International Film Festival. Un’occasione di confronto con la giovane interprete torinese, che ha permesso di fare luce sui primi passi mossi da lei nel mondo del cinema, a partire dal primo set (quello di America Latina), sul quale Gamba ha dovuto confrontarsi con i fratelli D’Innocenzo: “Sul set dicono tante cose, delle volte anche cose opposte, per metterti poi nella difficoltà di dover scegliere, di dover fare una scelta tra bianco e nero, così che tu, non avendo tempo di pensare, in qualche modo devi agire e basta. Vorrei dire che questa prima esperienza è stata facile, stupenda, invece è stata molto complicata, difficile, perché questo film è un grande film, con un protagonista, Germano, incredibile. Io ero spaventata, molto spaventata, ma Elio mi ha aiutato molto, mi ha detto di stare tranquilla perché noi siamo solo una piccola parte del tutto, e questo è un bellissimo modo di concepire il cinema, e racconta anche molto di Elio, che è un uomo estremamente umile e molto ligio al lavoro, quasi come un artigiano”.

La carriera dell’attrice, confrontatasi con la regista Mazzacurati in occasione del film Billy, si è poi arricchita dell’esperienza Amusia, per la regia di Marescotti Ruspoli. Opera che, senza alcun dubbio, ha rivestito un ruolo di grande importanza nella formazione di Gamba: “A suo modo”, racconta infatti, “questo film mi ha insegnato un altro mondo del cinema, cioè le opere prime, che sono tutte totalmente diverse da film di registi già affermati, perché la sensazione è un po’ come se tutti facessero qualcosa. Questo succede anche nel cinema più affermato naturalmente, ma nelle opere prime senti ancora più forte l’appartenenza a un gruppo. Con Marescotti è stato interessante il lavoro perché abbiamo lavorato sulla sceneggiatura, abbiamo provato, è stato un percorso molto più lungo, perché dovevamo interpretare questo personaggio che aveva questa malattia. Chiaramente le due esperienze prima mi avevano molto riempita, ecco, in un qualche modo, perché poi ho capito che il cinema lo si impara facendolo. Sicuramente in questa ragazza che dovevo interpretare c’erano delle ferite che potevano richiamare le mie, quindi c’è stato innanzitutto un lavoro di empatia. D’altra parte questo lavoro mi insegna a guardare l’altro come se guardassi me stessa”.

Dopo Billy e Amusia è stato poi il turno di due opere in costume: Dante di Pupi Avati e Gloria! di Margherita Vicario, presentato tra l’altro all’ultima Berlinale. Nuove porte di ingresso per un cinema ancora differente, ma ugualmente istruttivo: “Cambiano molte cose, perché quello che indossi racconta di te. Poi ovviamente, come dicevo prima, la sostanza, cioè l’umano, è sempre quello, e infatti Margherita (Vicario) ha deciso di raccontare questa storia partendo da se stessa, dalla sua condizione di donna che fa musica oggi, ma ha immaginato una donna che faceva musica nell’Ottocento e alla fine non ci ha visto tante differenze, quindi dipende da come guardi le cose. Però chiaramente lavorare con dei vestiti d’epoca è un fatto, perché è faticoso anche per il corpo. Poi sono state due esperienze molto diverse, perché con Pupi Avati, ho dovuto interpretare un personaggio super immaginato da tutti noi, perché Beatrice, la musa di Dante, l’abbiamo studiata tutti, ce la siamo immaginati tutti, quindi avevo paura di deludere le aspettative delle nostre immaginazioni. Ma quando incontri dei registi come Pupi Avati, che sono dei registi che sentono con le mani quello che stanno facendo, ti lasci andare, ti lasci completamente nei loro mani, senza paura. Per Pupi Avati Dante e Beatrice erano due ragazzi che si sono innamorati in un momento in cui non potevano amarsi, oppure non potevano neanche pensare di amarsi. Voleva proprio lavorare su questo, come se fossero due ragazzi di oggi”.

Infine Dostoevskij. L’ultima fatica dei fratelli D’Innocenzo. Quella che Carlotta Gamba non esita a definire “ad oggi, la mia esperienza più importante”. Un’esperienza totale che la giovane attrice ha affrontato “a 360 gradi, anche se io non sono la protagonista, quindi ci sono molto meno rispetto al protagonista Filippo Timi”. Un’esperienza per la quale, ammette lei stessa, “ho lavorato anche esteticamente, ho dovuto fare una dieta per prendere dei chili, mi hanno tagliato i capelli, cioè tante cose sono cambiate di me. È stata l’esperienza più difficile ma anche la più bella e più soddisfacente per me. Quando è finito il set ero molto soddisfatta, ero molto contenta perché il viaggio è stato bellissimo e tortuosissimo. Sono molto onorata di averne fatto parte perché il mio personaggio è un personaggio pieno, e quando è così, quando ci sono tante cose da raccontare è sempre molto bello essere attrice e poterle mordere, poterle vivere”.

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