Siamo Davvero Pietosi – Omaggio a Cinico Tv: la mostra a Palermo

Fino al 17 luglio il centro Internazionale di fotografia ai Cantieri Culturali della Zisa ospita la mostra del fotografo Stefano Fogato sulla trasmissione cult di Ciprì e Maresco. L’abbiamo visitata

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Fino al 17 luglio il centro Internazionale di fotografia ai Cantieri Culturali della Zisa di Palermo ospita la mostra dal titolo Siamo Davvero Pietosi – Omaggio a Cinico Tv del fotografo Stefano Fogato recentemente scomparso. L’evento è stato organizzato dalla associazione Lumpen in collaborazione con Goethe-Institut Palermo nell’ambito di Kultur Ensemble, con il patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania, con il Laboratorio D’IF di Letizia Battaglia, con la Fondazione Falcone per le Arti del XXI Secolo e con il Comune di Palermo. La mostra è stata curata da Paolo Falcone, Valentina Greco e Francesco Guttuso e comprende scatti nel periodo 1991-1992 dai set leggendari di Cinico Tv.

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Entrando nella location adibita per l’esposizione si resta subito colpiti da un piccolo televisore guasto che trasmette solo immagini a righe, disturbate. Non c’è più niente da vedere, tutto quello che si poteva raccontare è stato raccontato. Le cose sono andate molto peggio del previsto. Rimangono solo le macerie di un tempo ormai lontanissimo. Ciprì e Maresco negli anni 90 hanno segnato l’immaginario collettivo con la presentazione di un quadro umano desolante, animalesco, regredito a singoli fonemi o a meteorismi. In un bianco e nero raggelante le foto esposte raccontano in pochi scatti il declino di una società: Giuseppe Paviglianiti (1941-2000) con il suo tormentone “Certamente” e i peti interminabili all’indirizzo dell’intervistatore; Pietro Giordano (1947-2017) che impersonava la merda umana; Rocco Cane (alias Marcello Miranda) praticamente afono e in preda a deliri autoerotici; Fortunato Cirrincione (1944-2008) incapace di pronunciare persino il suo nome; il mitico ciclista Francesco Tirone (1930-2001) che rispondeva fuori tema e filosofeggiava continuamente; Giuseppe Filangeri il cattolico devoto e i fratelli Abbate che rappresentavano il maschio misogino e neoprimitivo ossessionato dal sesso. Per la maggior parte di questi personaggi la vita non è stata clemente: tra ictus e malattie tumorali, emarginazione e alienazione, sono scomparsi letteralmente dalla scena portandosi il loro carico di dolore.
Entriamo in una sala buia e in uno schermo gigante vediamo queste figure fantasmatiche muoversi in uno scenario post apocalittico: tra detriti e rifiuti, all’essenza dell’umanità si associa l’assenza di Dio.

Ciprì e Maresco avevano profetizzato l’imbarbarimento culturale di una società maschilista (tra i loro personaggi non c’è mai una donna) e dilatarono la filosofia nichilista di Cinico Tv in due memorabili film, Lo Zio di Brooklyn (1995) e Totò che visse due volte (1998) beccandosi pure un processo per oscenità. Li vediamo insieme in una foto di backstage, l’uno sorridente, l’altro imbronciato: irreversibili divergenze artistiche li avrebbero separati.
Viaggiando tra la rappresentazione della mostra colpiscono le due frasi citate: quella di Enrico Ghezzi (“Non urlo o risata fragorosa: urli muti, subito troncati, senza eco, e risate a freddo. Comicità minima e iperbolica”) e quella di Carmelo Bene (“Ciprì e Maresco hanno preso a calci in culo il linguaggio, la comunicazione”) inquadrano perfettamente la portata rivoluzionaria di una operazione che negli anni 90 mise sottosopra tutte le certezze e gli schemi correnti non solo in ambito televisivo ma anche cinematografico (Aldo Grasso la definì “una rivoluzione senza precedenti nella televisione italiana”). Cipri e Maresco rimangono gli unici e soli eredi del cinema eretico di Pier Paolo Pasolini il quale già una cinquantina di anni fa si chiedeva dove andasse l’umanità. A guardare queste foto, verso l’estinzione.

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