Siccità, di Paolo Virzì

Vorrebbe essere una distopia su una Roma in crisi idrica/morale ed invece l’apocalisse di Virzì sembra uscita da un talk-show: nè monito nè allegoria, solo fiacchezza da dibattito. Fuori Concorso

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A Roma non piove da tre anni. La lunga siccità ha cambiato non solo la fisionomia della capitale rendendo il Tevere una lingua di sabbia lunga chilometri ma anche le abitudini dei cittadini, costretti a razionamenti e cambiamenti importanti nelle loro pratiche di vita quotidiana. In questa specie di apocalisse a piccole dosi sopravviene un’altra pericolosa pandemia, veicolata questa volta dalle blatte che nel nuovo mutato e desertico clima hanno trovato il loro habitat ideale. Ciò che resta sempre uguale a sé stesso è il cuore nero dei romani – e degli umani in generale – che a fronte dell’ennesimo segnale del pianeta Terra di fronte al cambiamento climatico continuano a perdersi nelle miserie micragnose delle loro esistenze.

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Paolo Virzì con Siccità filma quello che dal soggetto perfettamente incastrato nel mood del periodo (la secca estiva del Po) e dal cast tecnico (Luca Bigazzi alla fotografia) voleva e poteva essere un film spartiacque della sua filmografia e del cinema italiano tout court. Ma il lungometraggio del regista livornese rimane imbalsamato da subito nelle sue ambiziose intenzioni di partenza, forse ingolfato da una sceneggiatura a otto mani (scritta da lui assieme a Francesca Archibugi, Francesco Piccolo e Paolo Giordano) che, restando nella terminologia di genere, presenta gravi perdite nella rete distributiva di idee. La volontà di voler apparentare metaforicamente la penuria d’acqua a quella spirituale dei romani che, unici nel Belpaese, subiscono questa perdurante siccità si smarrisce nella coralità delle storie rappresentate, ancora una volta scelte pigramente dal bestiario del cinema capitolino degli ultimi ottant’anni. Lo sguardo di Virzì mostra che la catastrofe ecologica è prima di tutto morale: dall’attore sessantenne che ha smesso di lavorare in teatro perché passato alla droga di like e share alla madre Terminator, anaffettiva nel privato poiché concentrata sul lavoro di medico ospedaliero, il caleidoscopio corale ombreggia spesso tinte fosche lasciando gli unici abbagli di luce ai giovani che dai genitori hanno ereditato solo un pianeta in enorme sofferenza. Così, in questo “conte moral” la catastrofe ecologica regredisce a sfondo non trovando quasi mai un’adeguata rappresentazione visiva/concettuale. L’immagine spot del Tevere disseccato, landa desolata percorsa da un padre ed una figlia a dorso di mulo, sembra il classico report UE che ai suoi Paesi membri presenta una fotografia drammatica del disastro salvo poi classificare gas e nucleare come fonti sostenibili.

 

Regia: Paolo Virzì
Interpreti: Silvio Orlando, Valerio Mastandrea, Elena Lietti, Tommaso Ragno, Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Monica Bellucci, Diego Ribon, Max Tortora, Emanuela Fanelli, Gabriel Montesi, Sara Serraiocco, Emma Fasano, Emanuele Maria Di Stefano, Malich Cissè, Paola Tiziana Cruciani, Gianni Di Gregorio, Andrea Renzi, Giovanni Franzoni, Federico D’Ovidio, Federico Maria Sardelli
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 124′
Origine: Italia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
Sending
Il voto dei lettori
2.21 (80 voti)
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