Sicilia Queer Filmfest 2017 – Considerazioni conclusive

L’edizione conferma unicità e rilevanza di una manifestazione che coglie in anticipo umori e sensazioni del cinema contemporaneo. La tematica LGBT è pretesto per considerazioni trasversali

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Ogni anno che passa il Sicilia Queer Film Fest acquista sempre maggiore importanza.
La VII edizione ha confermato l’unicità e rilevanza di una manifestazione che riesce a cogliere in anticipo umori e sensazioni del cinema contemporaneo.
La tematica LGBT è in realtà il pretesto per considerazioni trasversali che riguardano più complessi aspetti sociopolitici e culturali. La filosofia alla base del Queer Film Fest rappresenta una salutare inversione rispetto alla tendenza attuale (l’ultimo Cannes sembra confermarlo) di un cinema autoriale elitario piuttosto distante dai problemi della vita reale. Il direttore artistico Andrea Inzerillo, cui va il plauso per la determinazione e competenza nella selezione dei cortometraggi e lungometraggi, ha tenuto a sottolineare che gran parte delle opere presentate non ha trovato distribuzione e continua a circolare solo grazie al passaparola e a tanta buona volontà.

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Di queste visioni che cosa resta?
Prima di tutto due folgorazioni: il Sarah Winchester di Bertrand Bonello e Antiporno di Sion Sono. Il primo è un cortometraggio (23 minuti) che propone una rivisitazione horror di una opera di fine Ottocento con l’estetica postmoderna. Il fantasma di una bambina appare come memento di tutte le morti causate dal fucile Winchester; la musica composta da Bonello sulla base di una matrice pop dance elettronica si arricchisce del coro sacro dettando il tempo al susseguirsi delle immagini. L’atmosfera gotica (siamo tra Il Fantasma del Palcoscenico e Suspiria) si risolve nel finale con una dichiarazione d’amore di fronte al fantasma di una innocenza perduta. Sian Sono invece prosegue il suo discorso antiretorico sul potere eversivo dell’immagine cinematografica e rovescia politicamente il ruolo della pornografia: la falsa utopia di libertà fisica e intellettuale è rivelata dalla macchina dei sogni mostrata brutalmente allo spettatore nel momento in cui la schiava si tramuta in padrona. Il sesso non è che una forma di potere di corpi su altri corpi non essendo ancora risolti i pregiudizi e i tabù verso i temi della sessualità.

Il VII Queer Film Fest sarà ancora ricordato per la retrospettiva completa di tutti i cortometraggi di Gabriel Abrantes, giovane genio apolide (portoghese nato in North Carolina) con una precisa idea di cinema situata tra Wittengstein e David Foster Wallace, Pasolini e Pessoa. Di fronte a un’arte sempre più ristretta in un circolo incestuoso elitario, Il discorso di Abrantes vuole aprirsi verso le discriminazioni sessuali, le intolleranze razziali, le derive capitalistiche in cui il denaro è la suprema forza di potere. Con presupposti teorici così forti e matrici cinefile e letterarie eterogenee, la produzione di Abrantes spazia dal melodramma alla storia in costume, dall’apologo fantascientifico alla satira sociale viaggiando attraverso nazioni e continenti.

Per finire citiamo come altro momento indimenticabile la proiezione de O Ornitologo (2016) e dei cortometraggi (China China, Alvorada Vermelha e Mahjong) di Joao Pedro Rodriguez.
Il regista portoghese riesce a parlare dell’invisibile e del mistero di una realtà cangiante che sembra rivelarsi solo a tratti.Le sue lente carrellate e i suoi silenziosi fuoricampi sono i mezzi tecnici atti a filtrare la percezione soggettiva per ricavarne una condivisione più oggettiva e riproducibile. L’Ornitologo è forse il capolavoro di Rodriguez, in perfetto equilibrio tra natura e grazia, immanente e trascendente e stringe un forte patto di alleanza con lo spettatore.
Questa stessa spiritualità non religiosa la ritroviamo in un altro grande film passato qui al festival, Rester Vertical di Alain Guiraudie.
The tide is turning: vedremo il prossimo anno all’VIII edizione del Sicilia Queer Film Fest.

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