Sicilia Queer FilmFest 2017 – Jours de France

Jerome Reybaud debutta con un’opera poetica e rigorosa, densa di quella spiritualità non religiosa che ritroviamo nelle opere di Bruno Dumont e Alain Guiraudie. L’amore ai tempi di Grindr

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L’amore ai tempi di Grindr, applicazione per smartphone che consente di localizzare tramite satellitare possibili partner nelle proprie vicinanze. Jerome Reybaud classe 1970 è al suo primo lungometraggio dopo alcune escursioni nel corto (Aires 06 del 2006 e Trois dames pour Jean Claude Guiguet del 2008) e un riuscito documentario televisivo sul regista Paul Vecchiali (Qui etes-vous Paul Vecchiali? del 2012). Reybaud propone la deriva peripatetica di Pierre (Pascal Cervo), professore alla Sorbona che a bordo della sua Alfa Romeo per quattro giorni vaga da Parigi fino al Colle dell’Agnello e successivamente in Costa Azzurra a Cap d’ Antibes, dove più tenera è la notte. Più che un road movie all’americana o un percorso predefinito alla ricerca delle proprie radici esistenziali alla maniera di Wim Wenders, Jours de France è un baudelairiano invito al viaggio senza meta e senza coercizioni, in luoghi, strade, vie, librerie, case di riposo, ristoranti che continuano a parlare di noi, di come eravamo, di come siamo diventati. Dal centro alla periferia, dalla città alla campagna, è cambiato il nucleo motore della vita del paese: un uomo scatta una fotografia al proprio amante dormiente e poi decide di mettersi in cammino, con il solo scopo di mutare la prospettiva dello sguardo. Reybaud utilizza tutti i mezzi tecnici per esprimere questo sovvertimento del punto di vista: lunghe carrellate, inquadrature che vanno oltre la normale durata per una ponderata riflessione, piani sequenza da brivido a prendere e lasciare i personaggi facendoli entrare e uscire dal campo di ripresa (la scena della cantante nella casa di riposo è un piccolo gioiello di poesia in forma di immagini). Questa capacità di produrre senso è supportata da una forte matrice letteraria (Il poema sugli alberi di Victor Hugo, La Certosa di Parma di Stendhal, Rimbaud e naturalmente Baudelaire) e da una scelta di musiche autoctone (si va da Emmanuel Chabrier a Ravel) che tende a fare emergere una realtà “rugosa” ma profondamente umana. Intervistato sulle contaminazioni cinefile, Jerome Raybaud ha citato il Weekend di Jean Luc Godard (senza i contenuti politici) e Il Professione: Reporter di Antonioni soprattutto per quanto riguarda la depersonalizzazione e solitudine del protagonista.; ma i veri ispiratori sarebbero Jean Claude Guiguet, Jean Claude Biette e Marie-Claude Treilhou. La scena indizio è quella di Paul (Arhur Igual) amante di Pierre, che compra due posti per potere assistere alla rappresentazione del Così fan tutte di Mozart e tratta in malo modo uno spettatore che vorrebbe assistere all’opera accanto a lui: Pierre è forse in fuga da questa esclusività, dalla oppressione di un rapporto soffocante, dalla impossibilità di immaginare altri modi d’amare. Gli incontri di Pierre con il giovane ragazzo che vuole conoscere Parigi, con l’oste, con la libraia, diventano lo specchio di un sentimento d’amore che ha bisogno di forme anomale per manifestarsi. L’inseguimento di Paul attraverso campagne e montagne francesi si trasforma in un riavvicinamento a Pierre prima mentale che fisico. L’incontro con la cameriera del ristorante e il successivo rapporto orale rivelano che anche per Paul è venuto il momento di lavare il proprio corpo dal pregiudizio e dall’imborghesimento, di mettersi per strada e tuffarsi nella realtà ruvida, gettando il proprio io nel mondo senza la paura di non tornare più indietro.
Jerome Reybaud debutta con un’opera poetica e rigorosa, densa di quella spiritualità non religiosa che ritroviamo nelle opere di Bruno Dumont e Alain Guiraudie. Il finale sulla Costa Azzurra inverte i ruoli: adesso è Pierre a dormire mentre Paul fissa il mare in lontananza quasi a volerne misurare la distanza. Tutti i luoghi conosciuti parlano del viaggiatore che li ha attraversati: per citare David Leavitt “ciascuno a modo suo trova ciò che deve amare e lo ama. La finestra diventa uno specchio: qualunque sia la cosa che amiamo, è quello che noi siamo”.

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