#SiciliaQueerFilmFest – Diario della settima giornata

La partecipazione del pubblico si fa sempre più numerosa. Tanta discussione sulle opere e un utile confronto dei diversi punti di vista sui film di Stephen Cone, Joao Nicolau, Ducastel e Martineau

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Diciamolo pure il festival è decollato e la partecipazione del pubblico si fa sempre più numerosa. Tanta discussione sulle opere in programmazione e un utile confronto dei diversi punti di vista. A cominciare dal film Henry Gamble’s Birthday Party (2015) dell’americano Stephen Cone: il modello ispirativo seminale è The Boys in the Band (1970) di William Friedkin e la festa del 17 esimo compleanno di Henry diventa lo scenario per una resa dei conti e per il disvelamento delle verità. Cone è bravissimo nel porre in contrasto l’ambiente bigotto e repressivo di certa provincia americana con le pulsioni e le confusioni identitarie di un gruppo di adolescenti. Sin dalle prime immagini il quadretto idilliaco è agitato da correnti sotterranee che dalla piscina si trasportano nei piani superiori della casa. I corpi si svestono, si denudano e si lasciano andare al desiderio: allo sguardo censorio e ipocrita genitoriale si sostituisce quello tollerante e accogliente della solidarietà umana e della fratellanza. L’acqua si trasforma in vino e anche la playlist politicamente corretta, che fa da colonna sonora alla festa, viene rapidamente rimossa per lasciare spazio ai gusti musicali dei ragazzi. Film di ottimo livello, asciutto, diretto, profondo.

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Altrettanto riuscito è l’altro film in concorso per la sezione New Visions, John From (2015) del portoghese Joao Nicolau che da una base di partenza realistica (la cronaca delle giornate della quindicenne Rita) sviluppa un discorso visionario e onirico che spazia in territori sconosciuti fino ad arrivare in Melanesia nel cuore dell’Oceano Pacifico. L’innamoramento per un vicino di casa è la scintilla da cui scaturisce il “favoloso mondo” di Rita con chiare influenze del cinema visionario di Miguel Gomes (Arabian Nights) e del surrealismo di Aki Kaurismaki (citazione diretta di Ombre nel Paradiso). Una curiosa notazione tecnica: uno

john_from dei montatori del film è Alessandro Comodin, apprezzato regista de L’estate di Giacomo e portatore dello stesso sguardo empatico verso il mondo adolescenziale.

Dopo una salutare rapida sosta a base di bruschettoni e pizzette fritte ci tuffiamo nel cuore delle notti selvagge Collardiane con il film Theo et Hugo Dans le Meme Bateau (2015) del duo francese Olivier Ducastel e Jacques Martineau. Sin dai titoli di testa e dall’incipit colonscopico l’omaggio al cinema di Gaspar Noè è manifesto: alternanza di rossi e blu elettrici, groviglio di corpi, mescolanze di sudori e umori al ritmo forsennato della musica techno-pop. Dopo questi primi venti minuti anatomici che non lasciano nulla all’immaginazione dello spettatore, ci si tuffa tra i viali di Parigi alla ricerca di un pronto soccorso per sapere se ci si è infettati con l’HIV. La gioia per l’innamoramento si trasforma in paura e ansia crescente: un prima dell’alba in versione caraxiana con le luci della sera fotografate in maniera magistrale dai due registi. Il viaggio al termine della notte si conclude con la consapevolezza di non essere più soli, nella buona ma anche nella cattiva sorte. Film durissimo ma profondamente sincero.

Domani è prevista la premiazione della sezione New Visions e dei Corti: possiamo anche divertirci a pronosticare un vincitore. Per i lungometraggi la nostra “Palma Queer” andrebbe a De L’Ombre Il Y A di Nathan Nicholovic seguito a ruota in un ideale podio da Tangerine di Sean Baker e John From di Joao Nicolau. Per i corti una scelta convenzionale potrebbe essere Au Bruit Des Clochettes di Chabname Zarlap mentre la sperimentazione dice O Passaro Da Noite di Marie Losier. Staremo a vedere. Nel frattempo tra le installazioni di Abel Azcona (El sacrificio) e la presentazione del libro Dangerous Sex di Carmelo Guarino la giornata volge al termine. Domani conclusione in bellezza con il premio Nino Gennaro, Lionel Baier, Leyla Bouzid e Paul Weitz.

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