Silencio en la ribera, di Igor Galuk

La narrazione delle immagini si assembla con grande naturalezza alle parole in un film in cui coesistono realismo magico e politica. Premio al Festival Mente Locale per il miglior documentario

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“La solitudine aveva selezionato i suoi ricordi e aveva bruciato i cumuli intorpiditi di immondizia nostalgica che la vita aveva accumulato nel suo cuore, e aveva purificato, ingrandito ed eternizzato gli altri, i più amari.” – Cent’anni di solitudine, Gabriel Garcia Marquez.

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Esistono certi racconti nei quali i luoghi di ambientazione delle vicende raccontate, come d’incanto, restituiscono al lettore/spettatore quella dimensione umana tale da dimostrarsi, a tutti gli effetti, un personaggio in carne ed ossa. Lo è sicuramente l’immaginaria cittadina di Macondo, il cui magico microcosmo ospita per cento anni le generazioni della famiglia Buendia nel celebre romanzo di Gabriel García Márquez.

L’isola di Paulino de Berisso, invece, non nasce dalla penna di uno scrittore. Esiste, si trova a qualche chilometro dalla capitale dell’Argentina, Buenos Aires. Eppure, Nel 1940, un’alluvione distrugge completamente Paulino de Berisso: costruzioni, ecosistema, persone. Sopravvivono in pochissimi e l’isola attraversata dal Rio della Plata diventa uno spettrale ecosistema i cui silenzi acquistano un’impressionante corporeità.

Ed ecco che lo scrittore argentino Haroldo Conti nel 1976 realizza una cronaca di quest’isola sommersa e popolata di fantasmi. Sarà la sua ultima cronaca. Qualche mese dopo il golpe del 1976, infatti, lo scrittore verrà prima rapito e poi (probabilmente) assassinato. Resta la sua cronaca, mai effettivamente terminata, di un luogo incantato, i cui pochi uomini rimasti sono e saranno condannati a vivere in una condizione perenne di solitudine.

Così quasi cinquant’anni dopo, Igor Galuk realizza il contrappunto visivo al resoconto di Conti, anche grazie a materiali d’archivio e riprese dell’isola effettuate nel presente. La narrazione delle immagini si assembla con grande naturalezza in una pellicola in cui coesistono realismo magico e politica, letteratura e cinema. In questo caso non si parla di cento anni ma nelle splendide immagini girate da Galuk si sente ugualmente tutto il peso del tempo. Un tempo che passa inesorabile ma che non basta mai alle ferite per potersi rimarginare.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
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