"Smile", di Francesco Gasperoni

smileUn horror del genere doveva ambire all’essenzialità del B-movie. Ciò che manca è invece il dono della sintesi in quanto questo film è troppo teso a spiegare tutto, a creare una concatenazione causa-effetto con la maniacale e inutile precisione di un teorema scientifico. Ne consegue che la tensione è azzerata e che anche ambienti potenzialmente inquietanti diventano un semplice sfondo paesaggistico

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smilePer certi aspetti Smile fa pensare a quegli esempi di ‘horror turistici’ del cinema statunitense. Gli esempi migliori sono rappresentati dai due Hostel di Eli Roth, poi si possono citare anche delle fiacche variazioni come Turistas di John Stockwell e Borderland di Zev Berman. Anche in quest’opera preima diretta da Francesco Gasperoni, infatti, i protagonisti si trovano in una vacanza all’estero, in questo caso in Marocco. Sono in sette e una di loro entra in possesso di una strana macchina fotografica che trasforma il loro soggiorno in un incubo. Si fermano nel bosco inseguiti da un’inquietante forza oscura che li sta perseguitando ma da quel momento saranno in trappola.
Forse un film come Smile dovrebbe avere l’essenzialità e lo spirito proprio del B-movie, ma tranne qualche labile traccia come nel finale, non è proprio nelle sue corde. Ciò che manca a certo horror italiano (e al film di Gasperoni può essere accostato anche Imago mortis) è proprio il dono della sintesi. Si avverte infatti una ‘presenza oscura’ che tende a spiegare tutto quello che si sta vedendo e ciò, per esempio, nella figura interpretata di Armand Assante e della tragedia personale che l’ha trasformato. La stessa scrittura ha un’elaborazione da teorema scientifico con una precisa concatenazione causa-effetto tra oggetto e corpo evidente nel rapporto diretto tra la macchina fotografica e gli omicidi. Si ha come la sensazione che, in casi come queste, si vogliano esibire la propria conoscenza cinefila (l’assassinio alla stazione sembra ripreso dal cinema di Dario Argento) e letteraria sul genere. Inoltre, è presente anche un’eccessiva e inutile pesantezza nel prologo con la voce fuori-campo di una ragazza che presenta gli altri personaggi e i rapporti che ci sono tra di loro. Tutti questi elementi tendono soltanto a ritardare l’impatto, ad azzerare la tensione, a far apparire le morti dei personaggi come degli elementi meccanici di una macchina che è stata avviata e che si spegnerà solo alla fine e a far diventare come semplici paesaggi di sfondo degli ambienti (come la foresta) potenzialmente inquietanti.
 
Regia: Francesco Gasperoni
Interpreti: Armand Assante, Harriet MacMasters-Green, Antonio Cupo, Manuela Zanier, Robert Capelli jr., Giorgia Massetti, Rabie Kati, Tara Lisa Haggiag, Mourad Zaoui
Distribuzione: Luce
Durata: 90’
Origine: Italia/Marocco, 2009
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