"SMS – Save My Soul", di Piergiorgio Curzi


Vincitore del secondo premio all’edizione 2013 di Contest – Il documentario in sala, il documentario di Piergiorgio Curzi è un esempio di cinema-saggio che riproduce, pur nella sua materialità, ruvida e rude, totalmente scevra di orpelli stilistici e formali, il ritratto intimo di una malattia morale in cui la componente compulsiva, tramite la comunicazione digitale, è trasformata in edonismo ed autoesaltazione solipsistica

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Vincitore del secondo premio all’edizione 2013 di Contest – Il documentario in sala, SMS – Save My Soul di Piergiorgio Curzi è un esempio di cinema-saggio che riproduce, pur nella sua materialità, ruvida e rude, totalmente scevra di orpelli stilistici e formali, il ritratto intimo di una malattia morale in cui la componente compulsiva, tramite la comunicazione digitale, è trasformata in edonismo ed autoesaltazione solipsistica.
Il documentario racconta le vicissitudini amorose e virtuali di Nicolino Pompa, settantenne romano, romantico e triviale, che l’autore ha conosciuto in un locale di Trastevere, dove si esibiva insieme ad altri come poeta. Nicolino Pompa dal 2004 ha relazioni con donne che non conosce (1500, 150 in corso durante le riprese) e di cui trova i recapiti su Porta Portese, la rivista romana dedicata agli annunci di lavoro. L’idea del documentario nasce nella mente dell’autore a seguito di un’amicizia – da lui definita molto tenera e per certi aspetti filiale – con il protagonista, dettata da una profonda fascinazione nei confronti di questo personaggio misterioso.
Il ritratto della personalità ossessiva di Nicolino Pompa – ripreso in una quotidianità mutilata che ne costituisce solo la fuga egoistica e irresponsabile dalla realtà – è realizzato attraverso evocazione, accusa ed assoluzione della forte componente narcisistica che anima i suoi conflitti con il mondo esterno; divenendo, di fatto, ritratto compassionevole di una fragilità umana che, solo attraverso gli strumenti della moderna comunicazione digitale, può partorire un’idea edonistica di evasione, in grado di celare, pur nella sua costante esibizione, miseria e fallimento morale di un uomo il cui alter ego è un’ambigua immagine virtuale.

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Nicolino Pompa teorizza la superiorità di un “grazie” o di una “battutina tenera di risposta” scritti in un sms, affermando di aver maturato il godimento puro del solo comunicare da cui ha imparato a trarre un appagamento erotico e sentimentale che, confrontato con quello della vita reale, è un “carciofo senza spine”.
Ma mentre Nicolino Pompa si sforza di elevare poetando gli esiti fallimentari di una vita in frantumi, la telecamera di Piergiorgio Curzi si muove in spazi domestici claustrofobici e oscuri che fanno da contraltare, di verità (e noia), alla personalità egocentrica ed anaffettiva di un uomo che non ha, come altro da sé, che solitudine e squallore. In modo parzialmente consapevole, partendo dal motore iniziale di una misteriosa fascinazione, Curzi svela ed accosta visivamente i due aspetti complementari dell’atteggiamento platonico; la scena grigia e scarna di un’alienazione reale, in cui abitano solo le ombre, è lo sfondo su cui si racconta un iperuranio di immaginazioni salvifiche che ne rimangono – persino con lucida consapevolezza da parte del protagonista – perennemente distanti, inafferrabili, eteree.

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