SOL LEVANTE – Alexander

Prima di Dino De Laurentiis e Baz Luhrmann, la vita di Alessandro Magno come non si era mai vista: una delle più grandi serie animate di tutti i tempi, che mescola elementi eterogenei, riuscendo a restare in bilico fra spettacolo e profondità tematica

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Esistono delle opere la cui potenza visionaria è talmente grande da racchiudere una serie di veri e propri "mondi" in ogni inquadratura. Nell'animazione giapponese un eccellente esempio è rappresentato dalla miniserie tv Alexander – Cronache di guerra di Alessandro il Grande ("Alexander Senki"), produzione nippo-coreana del 1999, diretta da Yoshinori Kanemori e ispirata a un romanzo di Hiroshi Aramata.

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La storia, come il titolo adeguatamente suggerisce, racconta la vita e le imprese di Alessandro Magno, sovrano macedone vissuto intorno al 300 a.C. e conquistatore di quasi tutto il mondo allora conosciuto. L'intento degli autori, però, è molto ambizioso, poiché si tratta di mettere in scena non un semplice biopic, ma un racconto storico che si snoda come fosse – non sorprenda l'azzardata definizione – quasi un film di fantascienza. Ri-creare dunque il passato attraverso un'ottica visionaria e futuribile, dove la realtà viene riplasmata per lasciare che l'occhio dello spettatore si perda ammaliato fra le inquadrature. Un passo in avanti, insomma, rispetto agli intenti visivamente revisionistici della realtà storica (passata, presente e futura) già tentati in precedenza in opere come Ken il guerriero (1988, apologo visionario su un nuovo Medio Evo a venire) o il delirante Le bizzarre avventure di JoJo, che prende le mosse dalla Londra vittoriana immaginando una storia dove fantasy e realtà si mescolano sullo sfondo della Storia conosciuta.


Alexander è questo, ma anche molto di più e, in virtù della propria originalità, rappresenta una netta cesura rispetto alle miniserie cui il pubblico italiano è abituato. Una caratteristica che, però, si è rivelata un'arma a doppio taglio: infatti, nonostante le varie repliche concesse dall'emittente MTV, Alexander ha faticato a imporsi nell'immaginario collettivo, ed è stata sbrigativamente etichettata come serie "strana" o poco interessante da un pubblico distratto e troppo bisognoso di classificare per generi codificati.


Le vicende della vita del sovrano, in ogni caso, sono note: l'educazione ricevuta dal filosofo Aristotele, l'ascesa al potere dopo la morte del padre, lo scioglimento del nodo di Gordio, la vittoria sull'Impero di Persia, apparentemente invincibile, il tutto entro il compimento dei 35 anni. Così, i 13 episodi di cui la storia si compone mescolano arditamente speculazione filosofica e introspezione psicologica. Alessandro viene infatti indagato nel suo intimo di personaggio costretto nel ruolo dell'eroe, il cui destino è stato però preordinato dai genitori: il padre Filippo, che lo teme e cerca di avere ragione di lui ripudiandolo insieme a sua madre; quest'ultima, Olimpiade, lasciva strega dell'isola di Samotracia, che anela per il figlio un avvenire da distruttore del mondo; e infine il suo mentore e padre putativo Aristotele, il quale vede in lui l'uomo che, assoggettando il mondo conosciuto, potrà stabilire un ordine nel caos che imprigiona gli uomini. Un personaggio, quello di Aristotele, che si distanzia un po' dalla realtà storica (notoriamente il grande filosofo era refrattario alla politica) e sembra più che altro ricordare il Merlino di Excalibur.


L'aspetto più caratteristico della serie, del resto, sta nella rappresentazione dell'antica Grecia, dipinta in maniera delirante e indiscutibilmente adatta a riflettere la magnificenza imperiale dell'epoca, ma filtrata attraverso un occhio nuovo, che si può a ragione definire "tecnologico". Gli autori, infatti, sono riusciti a dare forma a un mondo che, seguendo la ricerca della verità propria dei grandi filosofi del tempo, ha introiettato la matematica al punto da plasmare naturalmente sui suoi dettami le proprie forme. In tal modo il tratto deciso dei disegnatori dà vita a figure aguzze che paiono scolpite nella roccia e che si muovono fra ambienti geometricamente concepiti, di rara potenza visiva. E questo vale, oltre che per le architetture, per le stesse figure umane: gli eserciti sembrano infatti formati da androidi che si muovono in formazioni perfettamente coordinate, e la stessa figura di Alessandro appare androgina e nervosamente muscolare come un Evangelion. Il sovrano trasmette così al contempo la potenza quasi robotica che lo rende invincibile in guerra, ma anche una forte sensualità, conferitagli dalla sua fisicità quasi femminea. Una figura affascinante e complessa, come tutto il mondo posto in essere dalla serie, esplorato con toni adulti, senza reticenze sull'erotismo (Olimpiade che si accoppia fremente di desiderio con osceni serpenti, i suoi rituali che paiono cerimonie orgiastiche) e sulla violenza, che esplode vibrante durante le splendide scene di battaglia.


Il racconto così si dipana epico, attraverso un'animazione dotata di eccezionale dinamismo (merito del lavoro di Peter Chung e dell'acclamato studio Mad House), dove l'utilizzo della computer grafica, oltre ad esaltare la tendenza quasi "cyberpunk" del racconto, si sposa bene alle immagini tradizionali; gli impasti colorifici poi si dimostrano audaci nell'accostamento repentino di cromatismi violenti (il viola delle armature, il nero della notte che avvolge i campi di battaglia, il verde dell'erba sporcato dal rosso del sangue) e la musica irrompe martellante, come a provenire da una moderna discoteca, anziché dai monti dell'Ellade. Ciò che inoltre colpisce è come la rappresentazione matematica dell'universo non ne ripudi gli aspetti oscuri e fantastici: gli avversari di Alessandro, come i pitagorici o i discepoli di Zarathustra, divengono così dei settari dotati di poteri magici, e possono librarsi in volo o attraversare la materia solida, come fossero fantasmi. La verità finale sul mondo, peraltro, è raccolta proprio in un ente geometrico, il Solido Platonico, eredità del grande filosofo: un oggetto a metà strada fra il catalizzatore esoterico e la materializzazione ultima della matematica, scienza che per il grande pensatore era destinata a spiegare l'essenza del mondo.


Alessandro diviene così suo malgrado il paradigma di questo universo in cerca di un ordine, ma la sua corsa verso il successo è quasi un modo per sfuggire all'imposizione del destino, così come la sua impetuosità è figlia dell'insoddisfazione e della ricerca della propria verità interiore. La sua calma apparente nasconde un'energia burrascosa, che potrebbe davvero farne un dio o un demonio distruttore del mondo. La sua rivalità con Dario III, Re di Persia e Imperatore Splendente del Mondo, prende così forma nel segno di una dicotomia prettamente nipponica fra l'uomo e la sua nemesi. I due rivali si studiano a distanza, impetuoso e terrigno l'uno, glaciale e preciso l'altro.


Sulla scia delle più recenti tendenze inaugurate dal serial Neon Genesis Evangelion, anche Alexander cerca perciò di procrastinare la catarsi finale, delegando allo scorrere della narrazione l'indagine filosofica sulla complessità del mondo (quello dei personaggi ma anche quello della tecnologica e preordinata società giapponese contemporanea) e componendosi attraverso una serie di episodi spesso complessi e ostici nella loro cripticità, ma che qui riescono a non disperdere mai la propria natura spettacolare. Il risultato affascina con un ritmo avvincente che non perde un colpo e ci regala un potente affresco. Un capolavoro sulla cui visionarietà garantisce la figura di Rin Taro, il regista di Capitan Harlock e Metropolis, qui nel ruolo di direttore di produzione.

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