SOL LEVANTE – Harmagedon – La guerra contro Genma

Un'opera che lavora sugli opposti apparendo allo stesso tempo lineare e complessa. Creata da un team di talenti che annovera il designer Katsuhiro Otomo, il musicista Keith Emerson e il regista Rin Taro, è un'avventura fantascientifica visionaria, ma dai risvolti intimi

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Un film che può sfoggiare delle credenziali davvero notevoli, ancora oggi in grado di attirare l'interesse degli appassionati nonostante gli oltre vent'anni trascorsi dal momento della sua realizzazione: Harmagedon – La guerra contro Genma (1983, in originale "Genma Taisen") trae infatti la sua ispirazione da un romanzo di Kazumasa Hirai o meglio dalla sua versione a fumetti curata da Shotaro Ishinomori, uno dei grandi maestri del manga, molto avvezzo alla fantascienza perché creatore della serie Cyborg 009 oltre che di molti serial live action con supereroi (Kamen Rider è forse il più noto). Per trasporre in animazione la storia già visualizzata da Ishinomori ci voleva un regista di talento e la scelta è ricaduta su Rin Taro, all'epoca reduce dai successi riscossi presso la Toei Animation con la serie Capitan Harlock (1978) e il film dedicato a Galaxy Express 999 (1981). E' con Harmagedon che Rin Taro passa alla Kadokawa, per la quale realizzerà in seguito La spada di Kamui, forse il suo lungometraggio più noto in occidente insieme al più recente Metropolis. Le musiche alternano brani classici di Beethoven e Mozart a melodie elettroniche firmate da Keith Emerson mentre il design dei personaggi è opera di Katsuhiro Otomo, grande amico di Rin Taro, che stupisce non sia stato coinvolto maggiormente in un progetto molto affine alle sue opere e a quella fantascienza in bilico tra realismo e afflati apocalittici che proprio in quegli anni si andava affermando in Giappone.

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Un film in bilico, dunque: una definizione calzante per un'opera che lavora sottilmente sugli opposti apparendo allo stesso tempo lineare e complessa: la storia in fondo narra ancora una volta di uno scontro definitivo (l'Harmagedon del titolo) tra il Bene e il Male, tra Froi, entità di luce che racchiude in sé l'energia dell'Universo, e il Re distruttore Genma, intenzionato a scagliare la sua furia contro la Terra. Per difendere un mondo dove è ancora presente l'amore, Froi sceglie Luna, principessa del Regno di Transilvania dotata di grandi poteri psichici, e la mette a capo di un gruppo di esper. Riunire i prescelti non è però impresa facile, poiché bisogna superare titubanze e dubbi che sono tipici del cuore umano: per questo motivo, oltre a dover trovare in sè stessa la forza per adempiere al meglio al proprio compito, Luna deve anche saper convincere i suoi compagni. Tutto questo senza contare che sono in agguato i famigli di Genma, la cui capacità mimetica permette loro di sferrare attacchi in maniera inaspettata e spesso crudele.


Come si può notare siamo a metà strada fra il mero racconto spettacolare, nel quale si fa sfoggio di capacità sovrumane, e l'avventura dai risvolti intimi, che presuppone un'attenta analisi dei meccanismi psicologici con i quali i protagonisti devono confrontarsi. Da questo punto di vista il personaggio senza dubbio più problematico è il giovane Jo Azuma, che sembra riassumere lo scetticismo di un mondo avviato verso un lento declino, evidente già in alcune scelte visive: rifacendosi proprio alle opere di Otomo, il regista Rin Taro immerge infatti il film in un'atmosfera metropolitana ritratta con molta cura ma pronta ad aprirsi a squarci di puro fantasy, dove la consistenza solida delle figure sembra svanire in un caleidoscopio di colori che si impastano, corpi che si liquefano e si trasformano e dove l'inquadratura è attraversata da presenze fiabesche, a volte inquietanti: prima fra tutte la figura nerovestita che in più riprese preannuncia l'avvento dell'apocalisse.

E' un mondo che sembra aver smarrito il potere della comunicazione, nel quale non a caso i famigli di Genma si insinuano facilmente, rivelandosi attraverso le figure dell'autorità (poliziotti, medici), ma minacciando Jo anche attraverso le persone a lui vicine (la fidanzata Junko, l'amico Shiro). Chiara metafora di una società tentacolare e infida, che si può vincere soltanto trovando in sè stessi il motivo che renda la vita degna di essere affrontata, come per Jo è l'affetto per la sorella: un tema che torna in molte opere di Rin Taro, capace di elevare il film dalla altrimenti poco incisiva morale new age, destinata a emergere soprattutto nella parte finale quando i protagonisti inneggiano all'amore universale e all'interculturalità come specchio di una connessione totale fra le razze e tutti gli esseri viventi. Il resto è pura sperimentazione visiva, nella quale Rin Taro mette a frutto il proprio talento visionario, dimostrando la sua predilezione per registi come Fellini (la sequenza del luna park), al quale Harmagedon si può avvicinare in virtù del proprio stazionare in un universo che è puro spazio mentale. L'animazione è molto fluida e di ottimo livello mentre la palette dei colori risente a tratti dei difetti tipici della prima produzione di Rin Taro e dell'animazione anni Ottanta, con tinte troppo cupe, accostamenti cromatici spesso poco armoniosi, dove dominano il blu, il viola e il verde, nonostante le frequenti intrusioni di tinte più vivide come il rosso o il giallo del fuoco. Un'opera che anche nel suo essere parzialmente datata dimostra comunque la propria natura "di mezzo", a metà strada fra epoche, stili e temi.


 

IL DVD


Già distribuito in videocassetta anni fa, Harmagedon è da poco uscito in DVD per Dynit, in una edizione spartana ma efficace. Non sono infatti presenti extra di grido, diversamente dall'edizione americana, ma soltanto due trailer giapponesi, oltre a quello italiano per l'uscita in Home Video. A questi si aggiungono le schede dei personaggi (Jo Azuma, Luna, il guerriero Vega e Genma), redatte come sempre con cura, e una bella art gallery, particolarmente incentrata sui dettagliatissimi fondali e sui mezzi presenti all'interno del film. L'audio invece propone soltanto una codifica in Dolby Surround 2.0, nella doppia versione italiana e giapponese: la resa della lingua nostrana è di poco superiore a quella della traccia originale, anche se quest'ultima può vantare un ottimo doppiaggio, nel quale ritroviamo anche il grande Tohu Furuya, celebre voce di Amuro Rei in Gundam, di Hiroshi Shiba in Jeeg, forse più noto ai fans occidentali per essere il doppiatore giapponese di Pegasus ne I cavalieri dello Zodiaco. Il video è invece presentato in widescreen 16/9 anamorfico e può vantare un master privo di particolari difetti, con una buona taratura della luminosità, forse un po' pastoso nell'amalgama delle tinte, ma comunque privo di granulosità. Un buon modo per godere di un film come questo, nel quale l'aspetto visivo riveste una grande importanza.

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