SOL LEVANTE Zona Manga – Neon Genesis Evangelion

E' la serie televisiva più chiacchierata del decennio, che ha scatenato polemiche e discussioni tra gli appassionati. Per il regista accuse fra genio e cialtroneria, ma la serie ha segnato la rinascita del genere robotico

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Neon Genesis Evangelion è una serie animata di 26 episodi realizzata dallo Studio Gainax (Punta al Top! – Gunbuster, Il mistero della pietra azzurra, Le situazioni di Lui e Lei) e teletrasmessa in Giappone a cavallo fra il 1995 e il 1996. In Italia, fra serializzazione Home Video e successiva trasmissione televisiva, ci sono voluti circa quattro anni per vederla tutta: la Dynamic Italia, detentrice dei diritti, ha infatti inteso sfruttare appieno l'hype derivato da questo serial confezionando un'edizione per quanto possibile completa, e dando così vita ad un fenomeno multimediale (corrispettivo del nipponico "Project Eva") che comprendesse videocassette, trasmissione tv, fumetto (attraverso il circuito della Planet Manga) e Encyclopedia allegata alle video. Non tutto è andato come doveva a causa del protrarsi dei tempi, ma oggi, all'alba della serializzazione in DVD, Evangelion ha completato un suo primo ciclo italiano.


E' bene premettere che lo Studio Gainax è una 'factory' di ex appassionati dell'animazione che, passati dall'altra parte della barricata, hanno inteso sfornare prodotti molto curati nell'animazione che rileggessero criticamente alcuni dei più fortunati filoni del periodo aureo del genere. Così Gunbuster è un insolito pastiche che mescola sport (il titolo originale "Top o nerae" cita "Ace o nerae", ossia Jenny la tennista) e avventura spaziale; la Pietra azzurra nasce da un progetto abortito di Hayao Miyazaki; Lui e lei rientra nel genere "soap-opera"; Evangelion infine riallaccia i fili con l'interrotto genere dei robot, proliferato nei settanta e un po' dispersosi a causa delle contaminazioni con la space opera negli Ottanta. La storia segue un canovaccio consolidato, accolto con favore in un periodo di rinascita del genere dovuto ad alcuni remake di vecchie glorie (come Giant Robot, Getter Robot – the last Day e Mazinkaiser).

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Nel 2015 il mondo, sopravvissuto al Second Impact, un cataclisma avvenuto un decennio prima, è attaccato da mostri alieni denominati Angeli. L'agenzia che si oppone ai piani di sterminio nemici è la Nerv, coordinata dal gelido professor Gendo Ikari, e utilizza gli Evangelion, delle macchine speciali affidate a giovani piloti (versione attuale degli antichi robot dal curioso design snello, e altrove definito "nervosamente muscolare"). Il primo pilota della squadra Evangelion è il giovane Shinji Ikari, figlio del professore, al quale è legato da un rapporto di odio-amore.


Fin qui i presupposti che, come si può notare, seguono una storyline già codificata anni addietro dai 'robottoni' di Go Nagai. In effetti ciò che subito colpisce non è la vicenda, il tono adulto della narrazione, l'inedita vena splatter dei combattimenti o l'ottima animazione (peraltro già abbastanza denotativi della qualità generale), ma il modo in cui il progetto della serie si articola. In barba alla natura 'commerciale' dei serial (strettamente collegati alla vendita di gadget e modellini e perciò bisognosi di ampia visibilità) Evangelion mira infatti a disattendere le aspettative del pubblico.


La regia di Hideaki Anno (oggi assurto a cult-director) sembra fin dal principio rivoltare lo schema del genere, basato sulla mera reiterazione di combattimenti fra robot avversari, da un lato ponendo maggiore attenzione ai risvolti psicologici dei personaggi (piloti in primis), dall'altro mettendo in discussione l'ontologia stessa dell'immagine disgregando la storia nel suo farsi. I personaggi sono spesso ripresi in campo lunghissimo, osservati senza particolare empatia, l'attenzione è spostata su dettagli apparentemente inutili, si ripetono sequenze apparentemente senza motivo, si ricorre al graffito, al negativo, al disegno a matita. Seguendo questa linea la serie arriva a un finale molto contestato, nel quale la storia involve in se stessa e anziché portare alle estreme conseguenze la storyline principale, risolvendo la tenzone fra Angeli e umani, si concentra sull'alienazione dei piloti scardinando la forza denotativa insita nella loro caratterizzazione e spezzando la catena che li àncora allo schema. Seguendo un particolare ragionamento filosofico, infatti, il regista riflette sull'incapacità del protagonista, condannato ad essere segno grafico e a non poter 'esistere' in quanto essere: è attore ma non personaggio. Come dire il disegno di Shinji pilota dell'Evangelion altro non è che una trappola, la quale imprigionando l'essenza del personaggio ne fa semplicemente un catalizzatore di ansie altrui, quelle dello spettatore, che inevitabilmente si riflette nel disegno stesso e, per estensione, nel personaggio. A questo punto l'unica forma di salvezza possibile è la secessione dal modello attraverso un finale in aperta opposizione proprio al genere dei robot e perciò Anno lavora a conferire centralità alle possibilità di manipolazione dell'immagine. Quindi la vicenda subisce una volontaria (e contestata) empasse, mentre l'inquadratura si destruttura giungendo a rivelare i meccanismi stessi della produzione (vengono inquadrate pagine di sceneggiatura), nel tentativo di "atomizzare" la messa in scena, svelando l'inganno della stessa e conferendo centralità ai variegati e contrastanti sentimenti che animano i piloti dei robot, sottolineandone l'inadeguatezza e l'alienazione rispetto al ruolo a loro imposto dalla storia. Il tutto perseguito con fare quasi sadico e persecutorio, allo scopo di criticare implicitamente l'omologazione della società giapponese, basata su una forte repressione dell'io.


Nel fare questo però Anno mina alle fondamenta uno degli aspetti chiave dell'animazione, perché deprime la capacità mitopoietica cui è preposta l'immagine disegnata e riconduce tutto a un esercizio teorico che, sebbene innovativo e di indubbio interesse, cristallizza la sua opera. Il risultato è quello di un cartoon molto "freddo", che cerca di restituire le emozioni con raziocinio, ma non sa trasmettere allo spettatore quel 'quid' vitale che rende una storia coinvolgente. Per questo Evangelion è un Anime bello da vedere, ma che scende con una certa difficoltà e che non spinge ad una seconda visione, diversamente da quanto invece accadeva proprio con i "robottoni" di vent'anni fa.


Il tutto comunque è inserito in una struttura di genere pure ossequiata attraverso una progressione, fino a un certo punto per lo meno, lineare, con particolari rivelati a poco a poco: fatto che ha determinato anche un nuovo standard, quello cioè di creare plot molto complicati dove la soluzione emerge solo alla fine e il dubbio resta sempre presente.


Alle proteste dei fans, infine, Anno ha risposto con due film cinematografici che disegnano un finale alternativo nella forma, ma alquanto simile nella sostanza: la vendetta di un autore contro il suo pubblico, accusato di scarsa problematicità e autocritica, per due opere ancora inedite nel nostro paese.

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